Nei suoi primi 60 anni di attività, Volvo si è guadagnata una solida reputazione tra i costruttori di alta di gamma, ma era ben difficile utilizzare aggettivi come "giovanile" e "dinamica" per una delle sue vetture. Persino quelle dalla linea sportiva come la bella P1800 puntavano sempre più sull'eleganza che su una grinta autentica.
Per questo, la Volvo 480 presentata al Salone di Ginevra 1986 fu salutata come un'autentica rivoluzione, tali e tante erano le novità che proponeva rispetto ai canoni del marchio.
Per i giovani della nuova generazione
Il nuovo modello si propose infatti come una compatta due volumi aerodinamica e persino futuribile in alcune scelte di stile, che strizzava l’occhio alle coupé sportive offrendo un abitacolo comodo per quattro persone, ma fresco e per l'epoca pieno di elettronica. Caratteristiche a cui aggiungeva un'architettura meccanica altrettanto inedita a Goteborg, con trazione anteriore e motore trasversale.
Lo studio che portò alla sua nascita era iniziato ben 6 anni prima con approfondite indagini sui gusti dei mercati europei e americani. Queste avevano portato alla luce l'esistenza di una fascia di potenziali acquirenti tra i 25 e i 40 anni di cultura e possibilità economiche sopra la media. Insomma, giovani capaci di apprezzare i valori di un marchio come Volvo se confezionati in un modo appena più accattivante.
La 480 nacque dunque per offrire una risposta a quell'esigenza, con dimensioni compatte (4,26 metri di lunghezza per 1,71 di larghezza e 1,32 di altezza) e una linea per cui furono coinvolti il centro stile Bertone e i designer Volvo Jan Wilsgaard, Rolf Malmgren e John de Vries, tutti invitati a presentare le loro proposte che alla fine videro prevalere le idee di de Vries.

L'aerodinamica fa tendenza
In definitiva, si modellò uno stile distintivo attorno a soluzioni pensate per l'aerodinamica. I fari a scomparsa, in realtà i soli anabbaglianti visto che gli abbaglianti erano fissi, erano sopra il paraurti. Non meno ricercata la coda, tronca e inclinata con un lunotto-portellone in cristallo che si rifaceva alla 1800ES di qualche anno prima e gruppi ottici inseriti in una fascia a tutta larghezza.

All'interno, i sedili erano singoli anche dietro, mentre gli anteriori avevano un ampio contenimento e la regolazione lombare di serie, un highlight della Casa già da una ventina d'anni. Il quadro strumenti aveva 3 quadranti con contagiri e tachimetro analogici mentre erano digitali il livello carburante e il computer di bordo, relativamente nuovo per il periodo. Modesto il bagagliaio, appena 160 litri per via della presenza del ruotino di scorta, in compenso nell'abitacolo i vani portaoggetti non mancavano.

Bilanciamento ideale
Fedele alla sua reputazione, la Casa scandinava volle un elevato standard di sicurezza, ma cercò anche un buon comportamento dinamico, al punto da coinvolgere il reparto Engineering di Lotus nella progettazione del telaio, definito con una grande attenzione alla ripartizione dei pesi. Le geometrie prevedevano avantreno tipo Mc Pherson con triangolo inferiore, molloni e ammortizzatori a gas; retrotreno ad assale rigido con barra Panhard e molle elicoidali separate dagli ammortizzatori idraulici.
I freni erano tutti a disco, con ABS a richiesta (poco dopo sarebbe arrivato anche l'airbag conducente, mentre le strutture antiintrusione nelle portiere erano già standard), lo sterzo servoassistito e variabile in funzione della velocità.

Motore Renault con lo zampino di Porsche
Per la sua prima trazione anteriore, Volvo non progettò tutto in casa, ma si affidò a una meccanica già collaudata, sfruttando la collaborazione con Renault per ottenere da essa il motore 1.8 a iniezione. Questo era già progettato per un avantreno a motore trasversale, ma era stato ottimizzato con l'aiuto di Porsche, che curò le modifiche ai collettori di aspirazione e scarico e l'adozione dell'iniezione elettronica Bosch LH Jetronic, per contenere i consumi e consentire il montaggio del catalizzatore.
Con 109 CV, spingeva 480 da quasi 1.000 kg in prossimità dei 190 km/h, ma fu presto affiancato dalla variante Turbo da 122 CV (115 CV con catalizzatore). Nel '92 arrivò anche un 2.0 aspirato da 110 CV, unica modifica in quanto sia il restyling, sia i progetti per delle varianti scoperte furono intrapresi, ma mai portati in produzione.
La Volvo 480 lasciò il mercato nel '95 dopo 9 anni e circa 80.000 unità di cui 1/4 vendute in Italia, dove l'auto fu molto apprezzata. Malgrado questo, non ebbe un'erede diretta: il suo testimone fui infatti raccolto soltanto 11 anni più tardi dalla C30, una compatta coupé realizzata sul pianale della Ford Focus nel periodo in cui Volvo era controllata dal colosso di Detroit.

Poche e da selezionare
La Volvo 480 è diventata una youngtimer dal 2006 e oggi gran parte della produzione ha passato i 30 anni e ottenuto lo status di classica a tutti gli effetti, entrando nel novero dei modelli che, dopo un iniziale abbandono, il mercato sta riscoprendo: in giro ce ne sono poche, ancor meno ben tenute, ma raramente con chilometraggi troppo elevati.
A prezzi compresi tra 4.000 e meno di 7.000 euro si trova qualche esemplare dei primi Anni '90 con meno di 130.000 km, richieste in linea con le quotazioni degli specialisti che valutano le aspirate tra 4.500 e 6.800 euro e e le Turbo tra i 6.000 e gli 8.500 euro per gli esemplari meglio conservati.