La definisce la più grande trasformazione industriale che l’Europa abbia affrontato e, perciò, ne ha un po’ paura. Ma Thierry Breton, commissario europeo al Mercato interno e all’Industria, corre ai ripari e annuncia che il Vecchio Continente farà squadra per arrivare alla totale elettrificazione dell’auto.
“Ho deciso di creare un gruppo molto rilevante – le sue parole –, che inizierà a lavorare nella prima metà di dicembre con tutte le parti: fornitori di elettricità decarbonizzata, produttori di caricatori, batterie e componenti chiave e l’industria, per accompagnare la transizione dell’automotive.
Il settore, forse più di altri, deve affrontare una trasformazione strutturale per arrivare all’obiettivo del 2035 di non vendere più motori termici sul nostro Continente. Questo target è molto importante”.
La missione del team
Breton aveva anticipato la nascita del team durante una chiacchierata con vari media europei, tra cui il Corriere della Sera. In quell’occasione, aveva spiegato che gli incontri avranno luogo ogni tre mesi e, fra i tema sul tavolo, ci sarà il monitoraggio dei “progressi tecnologici, in modo da avere il tempo, se necessario, di aggiustare le traiettorie e considerare altre opzioni”.

Il riferimento è a e-fuels e biocarburanti, che verranno rivalutati dalla Commissione europea nel 2026. Così, se si dimostreranno sistemi di alimentazione a zero emissioni, potranno fare il pieno ai motori termici e salvarli dal bando.
Ma compito del team sarà soprattutto definire le strategie per garantire una produzione sempre maggiore di energia rinnovabile, favorire l’installazione delle colonnine di ricarica, procurarsi le materie prime per le batterie, riqualificare i lavoratori e abbassare i costi di acquisto iniziali delle vetture, “che restano irraggiungibili oggi per la maggior parte degli europei”.
Parola d’ordine: lavoro
“Il settore automobilistico – aveva spiegato il commissario al Corsera e altri – fornisce 12,7 milioni di posti di lavoro diretti e indiretti in Europa, pari al 6,6% dell’occupazione totale dell’Ue”. La priorità è mantenere questi numeri.
Il commissario paventa infatti la possibile “distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro”. La sua previsione conta “circa 600.000” occupati in meno a livello europeo, anche se, a ben guardare, non considera tutte le nuove professionalità legate alla transizione. “Non mi sono mai preoccupato della capacità dei produttori di accelerare l’elettrificazione”, aveva spiegato. “Le mie preoccupazioni sono sempre state rivolte alle persone: consumatori e lavoratori”.
Il fondo automotive
Frasi che stonano con la linea della Commissione Ue, ma tant’è. In ogni caso, Breton pensa anche di dedicare un fondo alla conversione del settore automotive. L’obiettivo è una transizione “giusta”, soprattutto in aree come quella “intorno a Torino in Italia o altre in Germania, che sentiranno un forte impatto”.

Più made in Ue
Nel mirino del commissario erano finiti anche gli Stati Uniti, accusati di protezionismo dell’industria dell’auto elettrica. L’arma del delitto è l’Inflation Reduction Act, il pacchetto di riforme ambientali e sanitarie che prevede, fra le altre cose, incentivi per vetture a batteria vincolati al “made in Usa”.
Se gli effetti della legge “si stanno già facendo sentire, con diverse aziende che hanno iniziato a dirottare Oltreoceano parti significative della catena del valore europea”, Breton vuole rispondere con una normativa sulle materie prime critiche, che verrà presentata “nel primo trimestre del 2023” e promette “un’industria made in Europe”. La vera partita si gioca quindi sullo scacchiere geopolitico: è qui che occorre, come non mai, un salto di qualità della governance, per non rimanere schiacciati tra Usa e Cina.
Capitolo Euro 7
Prima di concludere, Breton aveva applaudito ai piani della Commissione Ue sull’Euro 7, perché, nonostante il bando dal 2035, “nel 2050 ci sarà ancora almeno il 20% di auto con motore a combustione sulle strade”. In più, “c’è il rischio che il target del 2035 debba slittare”. E, poi, “molti veicoli saranno usati dal resto del mondo ancora per molto tempo”. Ma molte Case non sono d’accordo.
Fonte: Corriere della sera