Proseguono i lavori in Parlamento per la conversione in legge del decreto Trasparenza, finito nel mirino dei benzinai per l’obbligo di esporre il prezzo medio regionale dei carburanti davanti alle stazioni di rifornimento. Misura che, dopo la protesta dei gestori, trova ora altri ostacoli sul suo cammino.
Sono le perplessità dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), chiamata in commissione Attività produttive alla Camera per dare un giudizio sul testo in esame. E il risultato dell’audizione è chiaro: il provvedimento non sembra aiutare gli automobilisti.
Pochi benefici
“L’Autorità accoglie con favore un ulteriore potenziamento delle misure di visibilità dei prezzi praticati dai singoli distributori, con le rilevazioni ministeriali e la diffusione tramite strumenti tradizionali o telematici”, sono le parole del presidente Roberto Rustichelli, che parla così della possibilità che il costo di benzina e diesel sia pubblicato davanti alle stazioni, online e su un’app gratuita del Mimit.
“Tuttavia – continua – ritiene che non vi sia necessità di introdurre un meccanismo di calcolo e di diffusione di valori di riferimento medi, atteso che appaiono incerti i benefici per i consumatori, a fronte invece di un possibile rischio di riduzione degli stimoli competitivi”.

Prezzi carburanti esposti in autostrada
Gli altri rischi
Insomma, pare che il Governo sia andato troppo oltre l’obiettivo della trasparenza. In pratica, è bene che i prezzi dei carburanti sia pubblicati online, ma solo dei singoli gestori. Meglio evitare le medie, sia sul web che all’aperto.
Anche perché, secondo Rustichelli, ci sarebbero i rischio di cartelli fra i benzinai o inutili corse al ribasso, visto che gli automobilisti fanno il confronto fra i prezzi in un raggio molto più ridotto di un’intera regione.
“La diffusione presso gli esercenti di un prezzo medio regionale, a prescindere dalla rappresentatività di tale dato, rischia di ridurre la variabilità di prezzo, in quanto potrebbe essere utilizzata dalle imprese per convergere automaticamente su un ‘prezzo focale’, verosimilmente assestatosi a un livello sufficientemente capiente, che ci si attende possa venire automaticamente seguito da tutti i distributori concorrenti, in quanto potrebbe fornire un parametro chiaro da seguire per evitare una ‘guerra di sconti’ che andrebbe a beneficio ai consumatori.
La dimensione regionale risulta, in altri termini, di gran lunga eccedente l’insieme dei distributori di carburanti che effettivamente potrebbero risultare, per i consumatori, alternativi a un dato impianto. Potrebbe pertanto facilmente verificarsi che, per motivi collegati ai costi e alla logistica, alla densità di distributori, nonché al livello della domanda, il prezzo in una determinata sotto-zona sia diverso da quello medio regionale, che quindi costituirebbe, in questo senso, un indicatore non rappresentativo della situazione locale e, come tale, poco utile al consumatore.
A ciò si aggiunga che la doppia cartellonistica prevista, al di là dei possibili oneri aggiuntivi per gli esercenti, potrebbe perfino indurre in confusione alcuni consumatori”.

Un uomo fa rifornimento all'auto
Costi troppo alti
Alle parole dell’Antitrust fanno eco quelle di Claudio Spinaci, presidente di Unem, che sottolinea come “esporre un prezzo medio regionale risulti superfluo, se non addirittura controproducente”.
“La diffusione giornaliera e, soprattutto, la pubblicazione di un prezzo medio regionale – aggiunge – potrebbero agevolare un allineamento verso l’alto dei prezzi praticati presso gli impianti, con l’avvicinamento dei prezzi più bassi al prezzo di riferimento e nessun effetto su quelli più alti, essendo nella stragrande maggioranza dei casi più alti a causa di maggiori costi specifici del punto vendita incomprimibili”.
Fra gli altri problemi del decreto Trasparenza ci sarebbero poi “i tempi necessari alla realizzazione della nuova cartellonistica”, considerati “non congruenti con gli obiettivi immediati della misura”, tranne attraverso l’ipotetica app, e “i costi di attuazione, sia in fase realizzativa che di controllo”, ritenuti “molto elevati”. Una serie di nodi che ora il Parlamento dovrà considerare e sciogliere durante la conversione in legge.