Cento giorni. Tanto è passato dalla nomina di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio. Occasione perfetta per tirare le somme dei primi mesi di mandato e tracciare la rotta verso il futuro di Italia ed Europa. Anche nell’industria dell’auto.

La visione del Governo si legge in un’intervista a Il Sole 24 Ore, in cui l’inquilina di Palazzo Chigi spiega la risposta Ue da dare alle politiche protezionistiche di Stati Uniti e Cina, tornando poi sul divieto di vendere motori termici dal 2035.

“Conseguenze pesantissime”

“Condivido le preoccupazioni degli operatori del settore”, riferisce Meloni, interrogata sui timori di una parte del settore. “Lo stop dal 2035 mette in grave difficoltà l’industria europea dell’automotive, che si confronta in un mercato globale dove non ci sono regole così stringenti nel breve-medio termine”. Quale sarebbe invece la ricetta da seguire?

“Il cammino verso una sostenibilità ambientale maggiore dev’essere graduale e non mettere in difficoltà le imprese italiane ed europee. Imporre una scadenza così ravvicinata per una trasformazione epocale rischia di avere conseguenze pesantissime dal punto di vista occupazionale e produttivo, oltre ad avere dubbia efficacia dal punto di vista ambientale, visto l’impatto elevato della produzione di auto elettriche e la sempre maggior efficienza di quelle a combustione. Dobbiamo prevenire questa emergenza. C’è convergenza in Italia su questo tema e lo porrò con forza in sede europea”.

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Per il Governo, è "no" al tutto elettrico dal 2035

Alleanza Ue-USA

A proposito di confronti, oggi e domani ci sarà un Consiglio europeo straordinario per definire meglio la strategia disegnata dalla Commissione di Bruxelles nel Green Deal Industrial Plan, contromossa Ue all’Inflation Reduction Act (Ira) americano e al Made in China 2025 (Mic) di Pechino.

“L’obiettivo non è creare un’Ira europeo”, spiega il presidente del Consiglio. “La strada maestra – sostiene – è il rafforzamento del dialogo transatlantico, che privilegia il coordinamento delle politiche economiche delle due aree”.

Insomma, secondo Meloni sarebbe meglio seguire la via del dialogo che quella della guerra commerciale. Arrivano quindi altre critiche alla proposta dell’esecutivo Ue: “La risposta non può essere semplicemente l’allentamento del quadro temporaneo di crisi e transizione per gli aiuti di Stato, se questo può creare un processo di concorrenza dannosa tra Stati membri con diversa capacità fiscale, che avrebbe il solo effetto di indebolire ulteriormente la posizione europea”.

Perciò “dev’essere garantita parità di condizioni tra gli Stati attraverso un Fondo sovrano europeo per sostenere in investimenti e proteggere la sovranità industriale e tecnologica”. Nell’immediato, invece, “è essenziale che sia concessa agli Stati membri la massima flessibilità nell’utilizzo dei fondi già disponibili per i Piani nazionali di ripresa e resilienza e per le politiche di coesione”.

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