Sono settimane decisive per il futuro dell’auto in Europa. Proprio quando tutto sembrava fatto per confermare lo stop alla vendita di motori a benzina e diesel dal 2035, ecco il colpo di coda di Italia, Polonia, Bulgaria e Germania, che provano a rimettere tutto in discussione, o quasi.

“Voteremo contro”, annuncia il nostro ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase), forte dell’aiuto di Varsavia e Sofia. Ancora indecisa Berlino, che potrebbe far saltare il banco. Ma cosa sta succedendo? E come si risolverà la cosa? Proviamo a mettere ordine.

Come nascono le regole Ue

Prima di tutto, però, un ripassino sul procedimento legislativo europeo, utile a capire come siamo arrivati a questo punto. I protagonisti dell’iter normativo sono tre: da un lato c’è la Commissione europea, che ha sede a Bruxelles e detiene i poteri esecutivo e di iniziativa legislativa; dall’altro ci sono Parlamento europeo (con sede a Strasburgo) e Consiglio dell’Unione europea (con sede a Bruxelles), che condividono il potere legislativo.

La sede della Commissione europea a Bruxelles

Come funziona la procedura? La Commissione presenta una proposta di regolamento o direttiva, che sbarca all’Europarlamento e al Consiglio. In entrambi i passaggi, il testo può essere approvato, modificato o respinto. Perché entri in vigore, deve superare l’esame di tutti e due gli organi, chiamati successivamente a raggiungere un accordo sulla versione finale. Lo stesso accordo deve essere poi formalizzato da entrambe le Istituzioni. Ultimo step è la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione.

Perché pesa la Germania

Il regolamento che rivede le emissioni di vetture e van è attualmente incagliato al penultimo passaggio, cioè la formalizzazione dell’accordo da parte del Consiglio. Il voto finale era fissato al 7 marzo e preceduto dai lavori preparatori del Coreper, un organo che riunisce gli ambasciatori degli Stati membri.

Tutti gli appuntamenti sono stati però rinviati per convincere la Germania a votare “sì” al dossier. La scelta di Berlino sarà infatti determinante per evitare che si crei una cosiddetta “minoranza di blocco”. Anche qui serve però un piccolo “spiegone”. Affinché un testo superi l’esame del Consiglio, occorre una doppia maggioranza:

  • 55% degli Stati membri (minimo di 15)
  • 65% della popolazione europea (salva minoranza di blocco)
La Germania ha in mano il futuro dell’auto in Europa

La “minoranza di blocco” si ha quando almeno 4 Stati membri sono contrari alla proposta. Con Italia e Polonia decise sul “no” e la Bulgaria che va verso la stessa posizione, è Berlino a fare da ago della bilancia. Ma cosa chiedono i tedeschi?

Anche e-fuels

Stando alle testate estere e a un articolo scritto da Mattia Eccheli per La Stampa, il Governo della Germania è sostanzialmente diviso fra le due anime della maggioranza: i Verdi e la Fdp, con i primi convintissimi sul phase-out al 2035, ma i secondi più diffidenti e che vorrebbero un’apertura maggiore da parte dell’Europa su idrogeno, eFuels e biocarburanti.

E questo al netto di due considerazioni. Tanto per cominciare, c’è la clausola di salvaguardia al 2026, che obbliga la Commissione europea a rivedere l’impianto normativo se, da qui a 3 anni, i nuovi carburanti alternativi avranno fatto progressi tecnologici tali da azzerare le emissioni.

Poi va ricordato che il testo presentato da Bruxelles non vieta alcuna tecnologia particolare, né impone la vendita di sole auto elettriche, ma si limita a chiedere che tutti i veicoli immatricolati dal 2035 riducano i livelli di CO2 del 100% rispetto al 2021.

I carburanti sintetici e-fuels

In futuro faremo rifornimento anche di e-fuels?

Italia in prima linea

“Noi non molliamo”, twitta Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), che poi aggiunge:

“Ci aspettiamo che questo segnale sortisca gli effetti sperati per quanto riguarda soprattutto i nuovi dossier. Come quello dell’Euro 7, per il quale chiediamo neutralità tecnologica, e quello inerente i veicoli pesanti. Ma, in prospettiva, sappiamo che il vero confronto sarà nel 2026, quando la clausola di revisione rimetterà in discussione questo percorso in un clima diverso, con un nuovo Parlamento europeo”.

Rilancia il collega Gilberto Pichetto Fratin, titolare dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase).

“Il nuovo rinvio in sede Ue sulla decisione riguardante lo stop ai motori termici al 2035 tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del Regolamento troppo ideologica e poco concreta. L’Italia – prosegue Pichetto Fratin – ha una posizione molto chiara: l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi.

Puntare inoltre sui carburanti rinnovabili è una soluzione strategica e altrettanto pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva”.

 

Cosa succede ora

Resta solo da capire cosa succederà adesso. La sensazione è che il rinvio aiuterà a trovare un compromesso fra le parti e che, così, il piano Fit for 55 andrà comunque in porto. È l’obiettivo degli altri 23 Stati membri e, forse, della stessa Germania. 

“Siamo sulla strada giusta”, rassicura infatti Volker Wissing, ministro tedesco dei Trasporti. Dichiarazioni che arrivano dopo i colloqui, definiti “costruttivi”, fra la presidente Ursula von der Leyen e il cancelliere Olaf Sholz.

Va poi sottolineato che l’attuale esecutivo Ue terminerà il suo mandato nel 2024. A quel punto, la nuova Commissione potrebbe essere meno intransigente e concedere qualcosa di più in vista del 2026. L’alternativa è che il regolamento rifaccia tutta la trafila.