L'errore più grande della Renault Spider è quello di nascere nel momento sbagliato: lo stesso anno - il 1996 - della Lotus Elise e della Porsche Boxster, due auto agli opposti, ma che di fatto monopolizzano i clienti delle roadster della metà degli Anni Novanta. Un po' come ritrovarsi, nel proprio momento di migliore forma, a combattere contro Senna e Prost, Schumacher e Hakkinen, Federer e Djokovic, Tomba e Girardelli... Insomma: agli altri restano solo le briciole. Eppure le sue cose al posto giusto le aveva (quasi) tutte, la due posti francese, per conquistare gli appassionati della guida: il suo concetto di sportività era molto simile a quello della Lotus, quindi votato alla massima leggerezza, ma la Spider ha accusato il fatto di avere un marchio meno blasonato rispetto ai due sopra citati e di aver portato fin troppo all'estremo certe idee. Vediamo quali.
Ossessionata dalla leggerezza al punto di essere inutilizzabile
Oltre alle questioni di immagine del marchio, la Renault Spider è stata probabilmente penalizzata da una concezione fin troppo estrema, che di fatto la rende inutilizzabile su strada; alcuni esempi? Il tetto, se così si può definire, è una copertura a dir poco precaria che, una volta montata, non permette di superare i 90 km/h, a meno di volerla perdere per strada. Il riscaldamento? Non pervenuto. Poco male, potrebbe dire qualcuno con la fissazione per il peso, se non fosse che anche i finestrini laterali sono assenti. A questo punto non stupisce il fatto che non ci siano le maniglie esterne per aprire le portiere: visto che mancano i finestrini laterali, perché aggiungere del peso inutile quando le si possono aprire allungandosi all'interno? Il risultato di queste estremizzazioni è che la Spider è inutilizzabile in estate, in inverno e in ogni caso nelle giornate di pioggia. Forse tutto questo è troppo anche per il più integralista degli appassionati della guida e nemmeno il fatto che la Spider sia assemblata a Dieppe, a casa Alpine, riesce a indorare la "pillola".
Ci vuole un fisico bestiale
Il titolo di questo paragrafo non si riferisce solo alla resistenza necessaria per far fronte alle temperature, ma anche alla forza richiesta dallo sterzo per essere azionato. Il servosterzo non è previsto - e fin qui ok - ma per qualche ragione tecnica il volante è così duro che mezz'ora di Spider equivale a un'ora di palestra. Il che ha anche un suo fascino, ma rischia di trasformarsi in un incubo, non appena le energie vengono a mancare... Al netto di tutto ciò, sedersi - pardon calarsi - nella Spider riserva la piacevole sensazione di avere tutto sotto controllo. Davanti agli occhi ci sono solo tre strumenti: contagiri, termometro del liquido refrigerante e barometro dell'olio. Ciò che serve a un pilota. La velocità è invece indicata da un tachimetro digitale posizionato al centro della plancia.
Una meccanica raffinata
Guardando verso il basso, seduti al posto di guida, l'occhio non può non rimanere colpito dal telaio in alluminio a vista, al quale sono attaccate sospensioni a doppi triangoli sovrapposti che lavorano in tandem con degli iper-professionali ammortizzatori Bilstein. Proprio telaio e sospensioni sono l'aspetto che più convince chi guida la Spider, che riesce a essere piatta come un go-kart, ma nello stesso tempo ad assorbire le asperità in modo sorprendente, in relazione al genere di vettura. E quando si inizia a fare sul serio, quello sterzo che affatica per il suo peso per certi aspetti eccessivo ripaga con una precisione, una rapidità e una comunicatività rare. Auto da "uomini", la Spider è ovviamente priva anche del servofreno: le staccate ce le si deve conquistare, ma il feeling che si riesce a instaurare col pedale di mezzo è sorpendente.
Il motore è quello della Clio Williams, ma la bilancia è impietosa
Il motore, montato dietro trasversalmente, è lo stesso 2.0 della Clio Williams. Capace di 150 CV a 6.000 giri, rifila la bellezza di 30 CV a quello della Lotus Elise, fermo a 120 (almeno nella prima edizione). Un vantaggio che non viene capitalizzato al 100%: nonostante i sacrifici richiesti, la Spider pesa la bellezza di 166 kg in più della rivale inglese: 930 kg. Troppi, in questa nicchia. Senza contare che anche il sound del quattro cilindri francese non è certo entusiasmante.
Gli anni d'oro della Renault in F.1
I primi anni Novanta, quelli in cui viene concepita la Spider, sono i migliori per la Renault in F1: vince il Mondiale in F.1 - come fornitore di motori - nel 1992, nel 1993, nel 1996 e nel 1997 con la Williams (Mansell, Prost, Hill, Villeneuve) e, nel 1995, con la Benetton (Schumacher). Il motorsport regala soddisfazioni e la Spider è una sorta di omaggio/celebrazione per questi trionfi e, a testimonianza dello stretto legame con le corse, viene creato il monomarca Renault Sport Spider, che riscuote un buon successo in giro per il mondo. Andy Priaulx e Jason Plato, per citare solo due fra i piloti che sono usciti dalla scuola Spider, in seguito hanno anche avuto un'ottima carriera come professionisti.