Chi non ha almeno 60-65 anni, oppure una vasta cultura sulla storia automobilistica o, ancora, una passione per Hollywood, forse non può capire, ma noi siamo qui apposta. Capire cosa? Ciò che il marchio Alfa Romeo ha rappresentato negli Stati Uniti fino agli anni Sessanta/Settanta e ciò che vuole tornare a essere grazie alla nuova Giulia. Ebbene, un film cult come "Il Laureato" di Mike Nichols, del 1967, vede protagonista proprio l'Alfa Romeo, nelle forme del mitico Duetto, guidato da un allora giovanissimo Dustin Hoffman. Una spider così, in quegli anni, solo il Biscione e pochi altri la sapevano fare: bella in modo entusiasmante, oggettivo verrebbe da dire; emozionante nelle forme e nel sound, conquistava definitivamente quando la si guidava. Il Duetto nasce nel 1966 e viene prodotto fino al 1994, quando l'ultimo esemplare della quarta serie esce dalle catene di montaggio di Arese, lì dove oggi sorge uno dei centri commerciali più grandi d'Europa. In tempi recenti si è arrivati vicini a una rinascita, sull'ottima base della Mazda MX-5, ma ragioni di marketing hanno portato a un altro remake: quello della Fiat (e Abarth) 124, sempre a partire dalla giapponese.

 

Duetto, ma solo per gli amici. Cioè per tutti e per sempre

 

Se vi dicessimo che Gordon Matthew Thomas Sumner è uno degli artisti più famosi della storia della musica, o ci prendereste per incompetenti, o siete dei fan sfegatati di Sting, nome d'arte appunto di Gordon... Allo stesso modo, la 1.600 Spider è una delle Alfa Romeo più amate di tutti i tempi, oltre che la più longeva, anche se come tale la conoscono in pochi: tutti hanno ben presente invece il Duetto, nome utilizzato solo all'inizio della carriera di questo capolavoro su quattro ruote, poi abbandonato per ragioni di copyright (ma all'epoca si parlava solo di diritti d'autore...). Un appellativo però talmente azzeccato da esserle rimasto addosso come un vero e proprio marchio a fuoco fino a oggi.

 

Da una costola della Giulia

 

Chi si scandalizza per il "copia/incolla" che le Case auto (e i grandi Gruppi) fanno al giorno d'oggi con gli organi meccanici tra un modello e l'altro sappia che certe cose succedono da sempre: i costi di produzione hanno sempre avuto grande importanza e sempre l'avranno. Ecco perché, per il Duetto, gli ingegneri del Biscione prendono il pianale della Giulia e lo adattano allo scopo, accorciandone il passo e irrobustendone le zone "nevralgiche" in seguito alla rimozione del tetto. Per disegnare la carrozzeria ci si affida a una delle migliori matite - se non la migliore in assoluto - in circolazione: quella di Pininfarina (nella persona di Franco Martinengo e con la supervisione di Battista Farina, per essere precisi), che infatti non sbaglia il... tratto nemmeno di un millimetro e tira fuori quello che si può definire un instant classic: la "Osso di seppia", ovvero la prima generazione del Duetto, è così soprannominata per la forma arrotondata della sua carrozzeria davanti dietro, che la fa assomigliare - sia nella vista dall'alto sia da quella laterale - proprio alla conchiglia del mollusco.

 

Ti piace vincere "facile"

 

Il motore, come anticipato, è un 1.600 a 4 cilindri alimentato da due carburatori doppio corpo, forte della distribuzione bialbero in testa. A leggere ora il suo dato di potenza - 109 CV - viene quasi da sorridere, ma bisogna tenere conto che, rispetto ai 900 kg (a secco) della vettura, questo propulsore era capace non solo di difendersi, ma di staccare numeri "importanti", per l'epoca: 185 km/h di velocità massima, e 7,9 kg/CV. Nel 1968, il 1.600 viene sostituito dal 1.779 della 1750 Spider Veloce, oltre cge affiancato dal più piccolo 1.3 da 89 CV della Spider 1.300 Junior: si tratta del classico canto del cigno, visto che nel 1969 è già tempo di "coda tronca", protagonista anche della nostra video guida all'usato.

 

Un (sopran)nome, una garanzia

 

Per quanto poco rilevante, come classifica, quella del numero di "nomignoli" vede il Duetto ai primi posti della "antologia" dell'auto: in 28 anni, non solo è riuscita a passare alla storia con un nome che non è il suo - Duetto, appunto - ma ha anche collezionato un soprannome per ogni edizione; segnale inconfutabile della passione che ha sempre generato. La "Osso di Seppia" è seguita dalla "Coda Tronca", del 1969, così chiamata per la forma "tagliata" del suo posteriore. A caratterizzare il modello sono anche la riduzione della lunghezza (da 4,25 a 4,12 metri), il bagagliaio più ampio, il parabrezza più inclinato e altri dettagli meno rilevanti. Il motore è un 2 litri da 132 CV, depotenziato nel 1975 a 128 CV; la velocità supera i 190 km/h e tra gli optional è disponibile il differenziale autobloccante. Interessante, a proposito di motore, l'introduzione dell'iniezione meccanica e del variatore di fase, entrambi nel 1980 per la versione destinata al mercato americano. La gamma si completa con la 1600 del 1971, con la 1600 Junior del 1972 e la 1600 Veloce del 1980.

 

Aerodinamica (di plastica), prima dell'ultima serie

 

Nel 1982, per la "Coda Tronca" è ora di lasciare spazio a un profondo restyling: di nero bordata, ecco la "Aerodinamica". Il nero è quello della plastica con cui vengono caratterizzati il muso e soprattutto la coda: esteticamente, forse, non è quanto di meglio si possa pensare. L'effetto posticcio è forte ancora oggi a distanza di 34 anni: quella grande placca nera che ricopre tutta la coda e che incorpora anche lo spoiler sembra il lavoro non finito di un tuner. Estetica a parte, il motore 2 litri ha testa e canne in alluminio, distribuzione a doppio albero con comando a catena, iniezione meccanica Bosch e quattro freni a disco. Le sospensioni, invece, riprendono lo schema della prima generazione: ruote indipendenti davanti, ponte posteriore. La quarta e ultima serie del 1990 torna a un design decisamente più pulito: eliminati tutti i profili neri e gli spigoli della "Aerodinamica", questo Duetto appare come una reinterpretazione moderna delle rotondità della "Osso di Seppia". I motori sono un 1.600 e un 2.000 da 109 e 126 CV, mentre dal 1992 la gamma si restringe al 2 litri da 120 CV, catalizzato.



Dalla Golf al gran finale: Duetto! | Quell'affare è un affare (5° puntata)



Siamo arrivati al capitolo finale di “Quell'affare è un affare”! Prima di mettersi al volante della tanto desiderata Alfa Romeo Spider, il nostro Tommaso, grazie ai consigli di Andrea e all'aiuto della Pupazzo R, è riuscito a raggiungere la cifra necessaria con la vendita di una bella Volkswagen Golf TDI del 2010, un modello leggendario che proprio quest'anno compie 40 anni e che in Europa è ancora la macchina da battere! Salutata la Golf, i due amici si sono potuti concentrare sul mito del Biscione e, dopo averne trovate svariate, quella giusta li aspettava...
Curiosi di vedere come sarà la Spider della prossima estate di Tommaso?

Fotogallery: Alfa Romeo Duetto, mezzo secolo di gloria