208 più 1 non fa 209. Tradotto: l’erede della 208 si chiamerà ancora 208, interrompendo una progressione che andava avanti dalla 205. Non si tratta comunque di una sorpresa: Peugeot aveva annunciato tempo fa che la crescita dei numeri si sarebbe fermata all’8, anche se in realtà già negli anni Ottanta, per motivi che qui non affrontiamo, era arrivata al 9 con la 309. Senza indagare sui motivi che hanno portato a fermarsi proprio a 8 - del resto le menti del marketing sono così fervide che già dal prossimo ciclo prodotto potrebbe spuntare un 11, oppure un “au revoir” - ripercorriamo insieme la storia delle auto di segmento B di Peugeot; le macchine che una volta venivano chiamate utilitarie, ma che negli anni sono cresciute a tal punto che una definizione come quella risulta davvero sminuente.

Dalla 104 alla 205, un balzo più che giustificato

Se la fermata alla “casella” 208 vi suona strana, pensate che nel 1983 salta direttamente dalla 104 alla 205, in un (quasi) doppio giro dell’oca che ben riassume il salto che c’è fra le due auto. Innanzitutto, il design: le mani sono quelle di Pininfarina e Welter (che poi ha firmato la 206) e ciò spiega il motivo per cui la 205 rimane sul mercato, apprezzata e mostrando solo verso la fine del suo percorso qualche ruga, fino al 1995; in alcuni Paesi addirittura fino al 1998, quando debutta la 206.

Fra i segni particolari, l’assenza (all’epoca una testimonianza di modernità) dei gocciolatoi sul tetto, il “gioco” fra gli spigoli del frontale e le rotondità del posteriore e l’ampiezza delle superfici vetrate. La 205 è lunga solo 3,7 metri, larga 1,56 e alta 1,38, eppure quando ci sei dentro sembra più grande. Il merito è dell’intelligente sfruttamento dello spazio, certo, ma anche della luminosità regalata appunto dai grandi vetri.

Fra le innumerevoli versioni e un debole evidente per la moda - Lacoste, T-Shirt, Best Company, Look, Style, ma anche Roland Garros, Open e Junior, tra le atre - le varianti indimenticabili e indimenticate della 205 sono le GTi, 1.6 da 115 CV e 1.9 da 130, ma un suo spazio se l’è ritagliato anche la Rallye. A proposito: indimenticabile la T16 per il Gruppo B…

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206: un’attesa giustificata

Come scritto sopra, la 206 arriva decisamente tardi. Ok, 20 anni fa il ciclo dei prodotti non era frenetico come oggi, con la vita di un modello che difficilmente supera i 7 anni, ma 15 sono decisamente troppi, anche per un mostro sacro come la 205. Quando arriva, però, la 206 si prende subito le primissime posizioni della classifica di vendita. A disegnarla è Gerard Welter, che da “papà” della 205 ha saputo attualizzarne i concetti vincenti a distanza di 15 anni, forse addirittura superandosi. Anzi, senza il forse: la 205 si ferma a 5 milioni di esemplari venduti, la 206 raddoppia.

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Punti di forza della 206, oltre al già citato design, sono la qualità costruttiva, l’ampiezza della gamma (che comprende anche le versioni station wagon e cabrio-coupé) e alcune soluzioni furbe come il vano portaoggetti sotto al sedile del passeggero e i comandi dell’autoradio in un “satellite” montato sul piantone di sterzo.

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Come la 205, anche la 206 ha la sua versione cattiva: si tratta non della GTi, con “soli” 136 CV, bensì della RC, da 177. Detto questo, la 206, anche con i motori più tranquilli e nelle versioni più insospettabili, è una “gatta da pelare”, se si rilascia il gas in malo modo durante la percorrenza di curva: le reazioni del retrotreno sono nervose e non facilissime da controllare.

207: l’unica, per ora, oltre la soglia dei 4 metri

I primi anni 2000 sono quelli del “gigantismo” delle auto in tutte le categorie. Le ex utilitarie, in particolare, sforano la soglia psicologica dei 4 metri: alcuni esempi sono Fiat Grande Punto, Opel Corsa, Renault Clio e, appunto, Peugeot 207. I motivi sono diversi: da una parte si devono garantire un elevato standard di sicurezza passiva (per i passeggeri e per i pedoni) e un profilo aerodinamico, dall’altro non si può perdere nulla dal punto di vista dell’abitabilità.

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La 207 tocca così quota 4,03 metri, mentre il peso non scende mai sotto i 1.130 kg. Quote importanti, che modificano radicalmente il comportamento stradale rispetto alla 206. Decisamente più prevedibile, la 207 è comunque tenuta sotto stretta sorveglianza dal controllo elettronico di stabilità. Come nel caso della 206, la gamma si allarga a station wagon e cabrio-coupé.

Stilisticamente, la 207 è inconfondibilmente una Peugeot della sua epoca: la grande bocca anteriore e i fari anteriori appuntiti, ripresi dalla 407, sono i segni inequivocabili. Curiosità: il motore 1.6 a benzina, aspirato e turbo, è sviluppato insieme a BMW, prima che i tedeschi iniziassero a collaborare con altri francesi, quelli di Renault.

208, si torna "sotto soglia"

L’incursione negli “over 4 metri” non dura tantissimo in casa Peugeot, perché già nel 2012, con la 208, si torna a quota 3,97 metri, su un passo però invariato di 2,54 metri, Ciò significa che lo spazio interno rimane pressoché invariato, anzi migliora leggermente grazie all’ottimizzazione della meccanica.

Peugeot 208 Signature

I-Cockpit: se si parla di 208 non si può non parlare della rivoluzione dell’ergonomia apportata dai francesi. In pratica, la strumentazione è visibile dal di sopra della corona di un volante piccolissimo. Non tutti - dipende dalla statura - riescono a sistemarsi a meglio, ma la soluzione piace e nel corso degli anni viene messa a punto sempre meglio.

Fotogallery: Peugeot 208 Signature

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