Pur essendo comparsa in un momento storico leggermente più recente, si può dire che la "5", insieme alla più utilitaristica "4", sia stata per Renault quello che la 500 è stata per Fiat e la 2CV per Citroën. Un'auto versatile, accessibile e ricca di fascino, che ha motorizzato molti francesi riscuotendo un notevole successo anche oltreconfine. E aggiungendoci anche una certa fama sportiva nel momento più epico della storia dei rally.
Non stupisce, dunque, che proprio lei sia stata scelta dalla casa per diventare simbolo di un nuovo corso che unisce tradizione e innovazione e tornare sotto forma di una modernissima elettrica ricca di richiami al miglior passato.
La scatola magica
Il progetto della Renault 5, o R5 come verrà soprannominata in seguito come un po' tutti i modelli dell'epoca, identificati da un numero, è nato come risposta alla scoperta di un "buco" nella gamma. Verso la metà degli Anni '60 infatti la dirigenza si è accorta che accanto alla già citata R4, modello essenziale a metà strada tra una spartana familiare e un veicolo commerciale, c'era spazio per un'utilitaria dal posizionamento simile ma più moderna e con prestazioni superiori.
Stimolata dalla concorrenza, soprattutto dal successo della inossidabile 2CV, Renault ha avviato lo sviluppo di un nuovo modello che replicasse in piccolo i concetti sperimentati con i suoi modelli superiori come la 16, la prima berlina di classe media con carrozzeria a due volumi e portellone, che guardava anche alla praticità.
Definita stilisticamente dal giovane e talentuoso Michel Boué, la futura R5 (sigla di progetto 122) ha debuttato nel 1972, anche se le prime foto ufficiali hanno iniziato a circolare nel tardo '71, spiazzando pubblico e stampa specializzata: lunga appena 3,52 metri, con forme arrotondate e con alti paraurti in plastica integrati, nella prima versione proponeva una carrozzeria a 3 porte con ampio portellone a cui soltanto molto più tardi, nel '79, si sarebbe aggiunta la 5 porte.
Abito nuovo, ma la base...
Tecnicamente aveva molto in comune con la R4: i motori longitudinali, con cambio montato a sbalzo davanti all'asse, la trazione anteriore e le sospensioni a barre di torsione all'anteriore e anche al posteriore, dove la disposizione delle barre stesse, trasversali e affiancate, costringeva a differenziare il passo tra un lato e l'altro. Si distingueva invece dalla sorella tuttofare per la struttura portante monoscocca in luogo del telaio separato.
Se la disposizione meccanica era, come abbiamo detto, la stessa, i motori lo erano invece soltanto in parte: al modesto 4 cilindri da 782 cc e 36 CV della R4, che equipaggiava il modello d'accesso L, si affiancava infatti una più potente unità 950 da 47 CV accompagnata da un impianto frenante potenziato con dischi anteriori, per la versione TL. A questa offerta si sarebbero poi aggiunte le varianti LS e GTL con dei più moderni 1.3 e 1.4.
Le sportive
A rendere questa utilitaria indimenticabile, escludendo la grande diffusione testimoniata dagli oltre 5,5 milioni di esemplari prodotti, ci sono le celeberrime varianti sportive marchiate Alpine, con cui Renault ha iniziato a sfruttare anche a scopo commerciale l'acquisizione del prestigioso atelier di Dieppe, avvenuto nel '73.
La prima R5 Alpine montava un 1.4 profondamente elaborato capace di esprimere una potenza di 93 CV e raggiungere i 175 km/h di velocità. Nel '76, quando è uscita, costava 32.000 franchi, quasi il doppio rispetto al modello base L che si fermava a meno di 18.000. Nel 1981, in piena "turbo era", la Casa ha deciso di alzare l'asticella con la sovralimentazione dando vita alla R5 Alpine Turbo, sempre 1.4 ma ora forte di ben 110 CV e capace di toccare i 186 km/h.
Con questo modello, Renault offriva un "contentino" a chi sognava la R5 Turbo, bolide a motore posteriore sviluppato per i rally, dove ha cominciato a correre nel '79, e prodotta in versione stradale in 2 serie e oltre 4.800 unità complessive, ma che merita, specialmente per la storia agonistica, un racconto a parte.
Un'erede... "super"
La R5 ha ufficialmente terminato la sua carriera nel 1984, anche se il modello che l'ha sostituita era in realtà una sua profonda e diretta evoluzione (con nuovo avantreno e motori trasversali, tra le altre cose) tanto da venir battezzata Supercinque per ribadire il legame con la fortunata prima serie. Della quale ha replicato longevità e in parte anche successo, visto che è rimasta in produzione fino al 1996, dunque altri 12 anni, totalizzando poco meno di 3,5 milioni di unità.