La storia della Bora è legata a doppio filo a quella della Merak, che festeggerà il suo 50° anniversario il prossimo anno. I due modelli Maserati che hanno introdotto l'inedita architettura "tuttodietro" sono infatti stati derivati dal medesimo progetto, sdoppiato appunto in due distinti modelli con caratteristiche e missioni leggermente differenti.
Alla fine degli Anni '60, infatti, il Tridente si trovava a dover fronteggiare una vasta platea di concorrenti, quasi tutte italiane, a motore posteriore centrale che andavano dalla Lamborghini Miura, dotata di un V12 trasversale, alla Urraco V8, fino alla dinastia delle Dino prodotte da Ferrari e alla De Tomaso Mangusta. E in fase di sviluppo, è emerso chiaramente che per contrastarle a dovere su tutta la linea un modello solo non sarebbe bastato.
Identiche per metà
Il design della Maserati Bora, affidato alla Italdesign di Giorgetto Giugiaro, è stato sviluppato secondo i canoni più innovativi del periodo iniziando dal profilo affusolato e cuneiforme del frontale, un tema su cui gli stilisti dell'auto insistevano molto dandosi battaglia colpi di concept car futuristiche. Differente invece lo sviluppo della parte posteriore, che ospitava uno schema meccanico analogo con motore centrale longitudinale in dimensioni esterne identiche (poco più di 4,3 metri di lunghezza) ma una diversa soluzione per il disegno del cofano.


Per la Merak, che sarebbe stata introdotta sul mercato soltanto nel '72, era infatti stata scelta una configurazione 2+2 con un motore V6, che essendo sufficientemente "piccolo" lasciava un minimo di spazio per due posti posteriori di fortuna e stava al di sotto di un cofano piatto con due sorte di "rails" che raccordavano il tetto alla coda. Viceversa, alla Bora, battezzata come l'impetuoso vento che soffia su Trieste, toccava il ruolo di vera GT spinta sulle prestazioni: ecco dunque i due posti secchi e un'unità ben più più grande e potente che imponeva anche un cofano più ampio con un grande lunotto quasi orizzontale.

Due mondi, due motori
Nel mirino come detto non c'erano soltanto le berlinette da 2-3 litri, ma anche vetture più aggressive come la Lamborghini Countach, erede della Miura, e la De Tomaso Pantera, che aveva sostituito nel frattempo la Mangusta e montava un poderoso V8 Ford roboante nella cilindrata (5.8) come nelle prestazioni, 330 CV di base e ben 350 sulla GTS. Per questo, Maserati ha scelto a sua volta l'8 cilindri 4.7 alimentato da 4 carburatori doppio corpo da cui ha ricavato 310 CV che correlati ai suoi circa 1.500 kg di massa a vuoto generavano un buon rapporto peso/potenza.


Ma se in Europa la formula funzionava, con prestazioni nell'ordine dei 270 km/h e poco più di 6 secondi per passare da 0 a 100 km/h, oltreoceano si ripresentava il problema delle normative anti-pollution che avrebbero sacrificato un po' la verve e ridotto la potenza. Dunque, dal '73 le versioni per gli Usa sono state equipaggiate con un 4.9 regolato sugli standard di emissioni nordamericani, che riusciva a mantenere una potenza di 300 CV.

La produzione complessiva è stata inferiore alle 600 unità e suddivisa in modo quasi equo tra le versioni Europa e Usa, che ancora oggi sono parimenti ricercate. Anche se la Bora non è sempre la prima scelta per collezionisti di GT del periodo, la rarità rende le sue quotazioni medie decisamente elevate, con circa 150.000 euro per esemplari in ordine, quasi il triplo di quanto si valutano le più "tranquille" Merak.