Immaginare un futuro in cui la guida autonoma trasformerà gli automobilisti in semplici passeggeri è un esercizio di fantasia che richiede un certo sforzo mentale. Eppure le tecnologie evolvono velocemente e questo scenario diventa sempre meno fantascientifico.

Le potenzialità ci sono, ma ciò che manca veramente è il contesto: dalle strade alle regole, che fanno affidamento (in gran parte anche giustamente) sulle tecnologie attuali e sull’attenzione dell’uomo. Ne sono sicuri i relatori di “Guida autonoma – Nuove regole della mobilità fra etica, diritto e sviluppo di prodotto”, evento organizzato da Volvo.

I primi ostacoli

“In molti contesti la guida autonoma non è permessa – è l’osservazione di Enrico Al Mureden, docente di Diritto Civile e di Product Safety, Product Liability and Automotive all’Università di Bologna –. È lo stesso discorso che vale per la velocità: abbiamo auto che possono andare a più di 130 km/h, ma in Italia non è consentito. Quindi le potenzialità ci sono, ma regole le limitano”.

E se quello legislativo è un ostacolo tutto sommato superabile, ce n’è un altro più difficile da saltare: quello logistico. “L’auto autonoma - aggiunge - non può sprigionare il suo potenziale se le strade non si comportano come si aspetta. Così gioca in un campo dove gli altri giocatori hanno altre regole”.

A lui si allinea Michele Crisci, presidente di Volvo Car Italia e padrone di casa all’evento: “A me – racconta – succede di viaggiare con la mia vettura che rileva i limiti chilometrici dal Gps. Peccato che poi questi non vadano d’accordo con i cartelli stradali”.

“Immaginiamo – continua – cosa potrebbe succedere quando le auto rispetteranno quello che ricevono dal Gps, ma si troveranno in un cantiere dove qualcuno si è dimenticato di togliere un cartello: supponiamo di arrivare a 100 all’ora e improvvisamente la macchina leggerà 30 km/h. A quel punto frenerà”. Una decisione non proprio sicura.

Guida autonoma Volvo

Superare le paure

Insomma, anche i Governi dovranno fare la loro parte, con investimenti adeguati che aiuteranno, fra le altre cose, a superare i timori delle persone verso il nuovo. Gli esempi si sprecano, ma i partecipanti ricordano che un tempo persino gli Abs facevano paura, mentre oggi sono parte integrante di qualsiasi vettura.

“Il pubblico dovrà avere fiducia e farsi guidare da questi sistemi – continua Crisci –. Noi andiamo in aereo e non sappiamo se a 10.000 metri sopra l’oceano stia guidando veramente un pilota. Semplicemente ci fidiamo”. Per farla breve, la storia insegna che è tutta una questione di diffusione delle pratiche.

Il dilemma etico

Una volta sviluppata e applicata la guida autonoma, quali interrogativi si porranno? Prima di tutto quelli del contributo alla riduzione di incidenti. Sarà possibile raggiungere l’obiettivo di abbatterli del 90%?

“Io credo di sì – è la previsione di Guido Calabresi, professore emerito della facoltà di giurisprudenza all’Università di Yale – perché quasi tutti gli errori sono basati sulle possibilità dell’uomo, ma con l’autonomia diminuiranno enormemente”.

Rimarrà un percentuale piccola, che porterà però a domande grandi: in caso di sinistro inevitabile, come decidere tra la vita di una persona o quella di un’altra? “Le auto dovranno essere programmate per sapere cosa fare di fronte a una certa situazione”. Già, ma chi deciderà a monte? La certezza è una sola: ogni scelta “sarà molto drammatica”.

Legge capitolo due

Ultima, ma non meno importante, la questione della responsabilità. “Oggi – torna a parlare Al Mureden – abbiamo una regola nel Codice civile che compie 80 anni e dice che la responsabilità è sempre di chi guida o del proprietario. Il nostro sistema è così preoccupato di non lasciare la vittima senza risarcimento che abbiamo persino l’obbligo di assicurazione”.

Ma cosa succede se un giorno non c’è nessuno al volante (ammesso che il volante ci sarà ancora)? “Tutto potrebbe spostarsi sul prodotto e quindi sul produttore. Sarebbe un’idea valida, così come quella di lasciare le cose così come sono, perché la legge dice che il proprietario è responsabile anche dei difetti del veicolo. Potremmo dire che il diritto non ha bisogno di essere cambiato perché è stato così lungimirante da adattarsi alla guida autonoma”.

La possibilità di spostare le responsabilità sul costruttore non dispiace a Crisci, visto che Volvo ha già preso un’iniziativa del genere in California dal nome “Ride Pilot”. In questo modo, conclude il presidente della Casa, “si passerà dal marketing alla responsabilità sociale: chi dice di avere qualcosa dovrà averla davvero”.