Da quando, nel 2016, è passato il DL che consente e addirittura semplifica la trasformazione di una vecchia auto in elettrica si è aperta una inedita finestra di opportunità per i modelli più datati e dunque sempre più a rischio di limitazioni. Interessante soltanto in parte, perché non è detto che il costo sia poi così tanto inferiore a quello per l'acquisto di una vettura nuova, specie in periodi di incentivi. Ma se l’auto in questione è più che vecchiotta, diciamo classica, ha senso trasformarla?
Spreco o investimento?
Dal punto di vista collezionistico la risposta è ovviamente la prima, spreco, perché una modifica simile farebbe perdere a qualunque vettura storica le sue caratteristiche di originalità compromettendone il valore e negandole la possibilità di ottenere certificazioni di storicità e in molti casi anche l'iscrizione a club e registri.
In linea di massima ciò vale anche per il valore collezionistico, destinato a decadere a meno che la trasformazione in questione non sia un'iniziativa della Casa stessa. Come nel caso di Jaguar, che dopo aver fornito una E-Type elettrica per il matrimonio tra il principe Harry e Meghan Markle lo scorso maggio (accendendo la curiosità di vip e collezionisti) ha deliberato la produzione di una piccola serie di queste repliche in consegna dall'anno prossimo.
Fotogallery: Jaguar E-type Zero
Le quali, per quanto poco gradite ai collezionisti “prima maniera”, non mancheranno certo di suscitare interesse e mantenere anch'esse un adeguato valore. Caso isolato? Affatto: sulla stessa falsariga o quasi, lo scorso dicembre il reparto Aston Martin Works Heritage ha presentato una “Heritage EV Concept” realizzata sulla base di una DB6 del 1970 sulla quale un motore elettrico anche in questo caso ha sostituito il pregiato 6 cilindri d'origine.
Sacrificio necessario
Entrambi i lavori citati sono stati realizzati “in casa” e quindi con la massima attenzione a far sì che ingombri e in parte anche l'aspetto esteriore delle unità a zero emissioni rispettassero o omaggiassero quelle d'origine. Un “contentino” per giustificare un'operazione scellerata?
Tutto l'opposto, specialmente nel caso di Aston Martin per la quale l'iniziativa è il primo atto di un vero e proprio programma per la riconversione elettrica dei modelli storici, varato come contromisura al pericolo concreto che nel prossimo futuro anche alle classiche sia negata del tutto la libertà di circolare. Sottraendo ai proprietari un piacere ben superiore a quello del mancato sound del motore.
Come ha dichiarato l'AD di Gaydon Andy Palmer, a spingere il marchio inglese su questa strada è: “La consapevolezza delle pressioni ambientali e sociali che minacciano di limitare l’uso di auto classiche negli anni a venire. L’attenzione alle nuove forme di alimentazione non riguarda soltanto i modelli di nuovo progetto e quelli futuri, ma anche il nostro patrimonio, da proteggere e salvaguardare”.
Insomma, un tentativo di salvare il salvabile, anche se sulle prime la cosa ha suscitato un certo sbigottimento tra i collezionisti più conservatori, molti dei quali di sicuro preferiranno tenere le auto chiuse in un garage piuttosto che modificarle in modo così radicale.