Le politiche per l'ambiente portate avanti dai costruttori non si limitano agli sforzi per ridurre l'inquinamento ma in molti casi includono iniziative a diretto sostegno del verde, della riforestazione e del ripopolamento della fauna, specie nei comprensori delle fabbriche stesse.

Apprezzabili anche dal punto di vista etico, visto che consistono in un certo senso nel restituire alla natura ciò che le si è tolto con l'escalation industriale, hanno il secondo fine più pratico di contribuire a compensare, piantando nuovi alberi, le emissioni di CO2 che sarebbe impossibile riuscire davvero a cancellare.

Azioni simili nell'ultimo ventennio ne sono state avviate tante in molte parti del mondo. L'ultima arriva da MINI, primo marchio di BMW Group che si prepara a diventare 100% elettrico, ma che naturalmente non può affidare soltanto all'eliminazione dei tubi di scarico le sue ambizioni di raggiungere la neutralità nelle emissioni.

Una "MINI" foresta

Il progetto a cui il marchio britannico ha aderito, iniziando proprio con la fabbrica inglese di Swindon, si chiama "Tiny Forest" e come suggerisce il nome si propone di sfruttare ogni piccolo spazio per favorire il ritorno della biodiversità.

Partner dell'operazione è Earthwatch Europe, associazione no-profit ambientalista che ha aiutato MINI a realizzare la sua prima piccola foresta a cui nel 2022 ne seguirà una seconda nel circondario dello storico impianto di Oxford, sempre in Inghilterra.

MINI, la Tiny Forest di Swindon
MINI, la Tiny Forest di Swindon
MINI, la Tiny Forest di Swindon

Piccole superfici, grandi risultati

Le "Tiny Forests" di Swindon è un ottimo esempio di efficienza: si compone di circa 600 alberi di specie autoctone piantati a distanza ravvicinata, in un'area equivalente alla superficie di un campo da tennis, e lasciati crescere senza ulteriori interventi. In questo modo, la macchia ha raggiunto un tasso di crescita 10 volte più rapido, una densità di piante incrementata del 30% e soprattutto una capacità di assorbire la CO2 migliorata anch'essa del 30%.

La foresta "urbana" firmata MINI è anche un interessante esempio di micro-ecosistema in cui compiere studi approfonditi proprio sull'assorbimento dell'anidride carbonica da utilizzare per portare queste iniziative su una scala sempre maggiore, cosa che peraltro sta già succedendo: molti altri costruttori, come ad esempio Toyota, sono impegnati in programmi di riforestazione non soltanto nelle aree di loro proprietà come gli stabilimenti della prefettura di Aichi tra cui quello di Tsutsumi, ma anche in zone da salvaguardare come la foresta tailandese.

Nel resto del mondo

Anche Hyundai e Volkswagen hanno creato vere e proprie riserve naturali nel comprensori di alcune delle loro fabbriche più grandi (come Ulsan e Zwickau), tuttavia l'esempio più eclatante rimane quello del sito brasiliano di Pernambuco, dove sorge il recentissimo stabilimento Jeep di FCA, oggi diventato di Stellantis, al centro di un progetto di riqualificazione ambientale che ira a riequilibrare il a patrimonio naturale in aree impoverite dall'agricoltura intensiva monoprodotto.

Fotogallery: MINI, la "Tiny Forest" di Swindon