A un anno dalla fusione tra PSA e FCA, il ceo di Stellantis, Carlos Tavares, parla a tutto campo sul presente e sul prossimo futuro della gruppo, ma anche, più in generale, del mondo dell'auto.
Strategie, difficoltà dovute al Covid, alla crisi dei semiconduttori e alle scelte della politica non sempre (o quasi mai) in linea con le esigenze reali dell’industria, ma anche progetti per il futuro, rapporto con John Elkann e stile di vita personale, il tutto raccolto nelle pagine web del Corriere della Sera.
Un percorso finora virtuoso
Il ceo di Stellantis si dice soddisfatto della strada fino a qui percorsa soprattutto considerando tutte le sfide che il gruppo ha dovuto affrontare sin dai primi giorni dalla sua nascita.
Prima fra tutte le pandemia seguita poi dalla crisi dei chip e delle materie prime, senza contare gli obiettivi posti dalla politica in tema di elettrificazione giudicati da Tavares a volte troppo stringenti. In ogni caso il gruppo sempre secondo il top manager ne è uscito bene e si può lavorare con un certo ottimismo per il piano industriale che verrà presentato il prossimo marzo.
Avanti con la strategia del valore
Tavares difende anche quella che, lui stesso, definisce la "strategia del valore", cioè aver puntato e continuare a puntare per il futuro più sulla qualità del prodotto che sulla quantità, anche a costo di far salire un po’ i prezzi. Un strategia che Tavares si porta dietro dall’esperienza in PSA dal biennio 2013-14, quando decise di allineare i prezzi quelli della concorrenza.
Una mossa che si è dimostrata vincente in termini di vendite. Il rischio più che concreto per tutto il settore però è quello di tagliare fuori dal mercato (e dal target) chi non può permettersi 30mila euro per un’auto, ma il ceo portoghese su questo è molto chiaro: "Abbassando i nostri costi possiamo lavorare sui prezzi, ma poco possiamo fare invece sulle tecnologie soprattutto quelle relative all’elettrico che sono del 50% più onerose rispetto a quelle del termico".
Elettrificazione massiccia? Un errore dell'Ue
Tavares non nasconde che gli obiettivi posti dall’Ue in termini decarbonizzazione e che porteranno Peugeot, Opel e Fiat a vendere solo auto elettriche entro il 2030 sono scelte dettate dalla politica che non rispettano al 100% i tempi dell’industria. Con molto fair play il manager si dice pronto a “giocare” con le carte che gli vengono servite e dunque tirare fuori il meglio con “i fattori che gli vengono dati, o imposti”.
Tuttavia ribadisce che per ridurre le emissioni di CO2 potevano essere utilizzati metodi più economici e veloci visto che quelli scelti non permettono ai costruttori di auto di essere creativi nella ricerca di nuove soluzioni.
Il rischio è perdere la classe media
L’approccio europeo, sempre secondo Tavares, è troppo rischioso visto che si tratta di concentrare gli sforzi industriali nel limitare i maggiori costi derivati alla produzione di auto elettriche che, come detto, sono del 50% più alti rispetto al termico.
Questo comporta la necessità di aumentare la produttività di circa il 10% annuo contro l’attuale 2/3%. Il risultato potrebbe essere che qualche costruttore non ce la faccia e che, soprattutto, si perda una fetta di mercato che non può sostenere le spese di acquisto. Il risultato di questa politica, secondo Tavares, si vedrà fra qualche anno quando si conosceranno anche gli impatti sociali e ambientali di questa massiccia elettrificazione.