Primi risultati dell’indagine Antitrust e Guardia di Finanza sulle sospette irregolarità lungo la rete carburanti italiana. Sotto la lente finiscono alcuni prezzi praticati nelle stazioni, che in alcuni casi risulterebbero in “difformità” con quelli effettivamente “applicati”, come scrive l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm).

Ma non solo, perché si ipotizzano anche la “omessa esposizione del prezzo praticato, ovvero l’omessa comunicazione al portale ‘Osservaprezzi Carburanti’, utile al consumatore per trovare la pompa con il prezzo più basso”.

Sospetti su oltre 1.000 stazioni

L’Antitrust ha perciò eseguito delle ispezioni nelle sedi di Eni, Esso, Italiana Petroli, Kuwait Petroleum e Tamoil, con l’accusa di non aver “adottato misure o iniziative idonee a prevenire e a contrastare queste condotte illecite a danno dei consumatori”.

Man refuelling car at petrol station

L'Antitrust sospetta "irregolarità" nelle stazioni

Si tratterebbe di “condotte riconducibili alla omessa diligenza sui controlli rispetto alla rete dei distributori, in violazione dell’art. 20 del Codice del Consumo”. Sono oltre mille le stazioni carburanti su cui le autorità stanno accendendo un faro, di cui 376 a marchio Eni, 40 di Esso, 383 di IP, 175 di Kuwait (Q8) e 48 di Tamoil.

Attesa per il tavolo al Mimit

I controlli arrivano il giorno dopo l’entrata in vigore del decreto Trasparenza, firmato sabato 14 gennaio dal Presidente della Repubblica. Il provvedimento, come suggerisce il nome, era stato approvato dal Governo per rendere più trasparenti i prezzi dei carburanti nelle stazioni.

Proprio domani (martedì 17 gennaio) ci sarà un incontro al ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) tra il ministro Adolfo Urso e le associazioni di benzinai e consumatori per raccogliere idee su come migliorare il testo in fase di conversione in legge. I sindacati dei gestori reagiscono però all’indagine, confermando lo sciopero del 25 e 26 gennaio.