La Seat Tarraco l’avevo già incontrata altre 2 volte: la prima durante una mini prova a bordo di un muletto ancora camuffato, la seconda in occasione della presentazione internazionale in quel di Tarragona. Mi mancava giusto una prova su strada “vera”, con un modello di serie e tanto asfalto davanti a me, magari intervallato da qualche passaggio su pezzi sterrati per saggiare ancora una volta la sua trazione integrale. E no, non è andata così. È andata nettamente meglio.

Posto deserto di Tarraco

Strade? Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade

Già perché il mio nuovo incontro col SUV 7 posti spagnolo è avvenuto in Marocco, più precisamente in mezzo alle dune del deserto del Sahara. Ambientazione piuttosto insolita, dove per muoversi si potrebbe scegliere uno scenografico (ma scomodo) dromedario oppure un più divertente ATV. Invece ad accogliermi ecco un battaglione di Tarraco, accompagnate da altrettanti istruttori, pronti a insegnarmi i segreti della guida su sabbia.

Il tutto con modelli rigorosamente di serie, senza aiutini meccanici particolari, modifiche estetiche o chissà cos’altro. Trazione integrale – e ci mancherebbe altro – cambio DSG 7 rapporti e motori diesel o benzina. Una domanda però mi rimbalza ancora in testa: ma davvero un SUV è il mezzo giusto per imparare a guidare nel deserto?

Chi va piano…

Dopo aver imparato come mettersi il turbante in testa, lezione importante per quando si scende dall’auto con sole e sabbia a insidiare pelle, naso e bocca, il primo training è stato facile: qualche chilometro in mezzo a una traccia – che qualcuno potrebbe chiamare strada – in mezzo al nulla. Sassi, qualche sparuto arbusto e isolate casupole compongono il panorama. Più avanti le dune di sabbia, meta ultima del mio guidare.

Fin qui nulla di davvero impegnativo, un terreno simile ai nostri sterrati, con la Tarraco mai in difficoltà e capace di assorbire le sconnessioni. Per ora l’unica indicazione dell’istruttore è “non andare troppo forte”, perché il SUV spagnolo ha un limite: l’altezza da terra. 21 cm in città permettono di salire senza problemi anche sui marciapiedi più tosti. Nel deserto invece non sempre sono sufficienti a passare senza pensieri su dossi naturali.

Solo di prima

Poi ecco arrivare la sabbia, con le sue insidie e la voglia matta di trascinarti giù. Un abbraccio di miliardi di granelli che si aprono al passaggio delle ruote, impegnate ad “aggrapparsi” su un terreno che fa di tutto per renderti la dura la vita. All’inizio viene quasi spontaneo fare un parallelo con la guida sulla neve, ma bastano pochi metri per capire che qui è tutta un’altra storia.

Se infatti la neve si compatta, la sabbia non fa mai e poi mai stare tranquilli e fermarsi equivale dover chiamare qualcuno che ti porti fuori di lì. Il peso della Seat Tarraco certo non aiuta e allora bisogna resistere all’istinto di cambiare marcia per far abbassare la voce al motore e tenere la prima, viaggiando tra i 3.000 e i 4.000 giri.

Così si riesce a mantenere la velocità giusta per affrontare le salite che, anche se non sempre ripidissime, si trasformano in infide trappole. Il volante non ne vuole sapere di rimanere fermo, trasformandoci in timonieri alle prese con un mare impazzito. La sabbia vuole portarci dove dice lei e le tracce lasciate dalle auto che mi hanno preceduto non sempre vanno ripercorse: si rischia la “spanciata”, grattando il sottoscocca per poi ritrovarsi impantanati.

È tutta una questione di equilibrio sopra l’apparente follia di portare un SUV nato per l’asfalto in mezzo al deserto. Equilibrio tra la voglia di dare “gas gas gas” – come suggeritomi qualche volta dal mio istruttore – e il non esagerare per evitare di toccare col muso una volta passata la duna. Poi ci si prende la mano e tutto sembra più semplice, ma l’attenzione non può mai venir meno.

Fotogallery: Seat Tarraco, la prova nel deserto del Sahara