Appassionati del marchio oppure no, ben pochi si azzarderebbero a non definire bella una Ferrari di qualunque epoca. Anche i modelli più chiacchierati, come la Mondial, hanno acquisito fascino. Ci sono stati però dei periodi in cui lo stile delle vetture di Maranello ha toccato vette di particolare equilibrio tra prestazionalità ed eleganza. Tra i modelli che meglio rappresentano questo concetto, una menzione speciale spetta senz'altro alla 456 GT, protagonista, dal 1992 di una delle fasi migliori di sempre.
Possente ma "morbida"
La Ferrari 456 GT, che quest'anno compie 30 anni apprestandosi a diventare una storica a tutti gli effetti, è in realtà considerata una pietra miliare per più di una caratteristica. Tecnicamente, molti fanno addirittura risalire a lei il ritorno del motore V12 in posizione anteriore dopo due decenni di "tuttodietro" BB e Testarossa.
Questo non è del tutto esatto perché il modello appartiene alla dinastia delle granturismo Ferrari a 4 posti o "2+2" ed è erede diretto delle varie 365, 400 e, infine, della 412 che prima della 456 GT avevano sempre mantenuto l'impostazione tradizionale.
Tuttavia, ne prese effettivamente il posto dopo un periodo di "vuoto" durato tre anni (la 412i era uscita di scena nel 1989) in cui la Casa era rimasta scoperta in quella particolare categoria di modelli.

Rispetto a queste, la principale rivoluzione era proprio stilistica, dovuta come di consueto a Pininfarina e nella fattispecie alla mano di Pietro Camardella, già autore della F40, della 512TR evoluzione della Testarossa e della concept car Mythos, che negli anni seguenti avrebbe firmato anche la F50.
La carrozzeria che disegnò abbandonava le linee dritte e spigolose delle antenate, quasi delle berline a tre porte molto simili tra loro (cosa che le fece apparire superate ben prima della fine della carriera), in favore di forme morbide e sinuose capaci di sottolinearne la presenza su strada e al tempo stesso alleggerirla.

Tra gli elementi più riusciti in un insieme ben armonizzato con chiare ispirazioni alla Daytona c'erano il cofano con due sfoghi per l'aria dietro i fari a scomparsa, il motivo della fiancata (qui ci fu qualche ritocco rispetto alla proposta originale dello stilista) e la linea del posteriore che scendeva dolcemente verso un classico e spazioso bagagliaio separato e coppie di fanali tondi inglobati in un unico elemento.



Non soltanto design
L'aspetto esteriore non rappresentò però l'unico elemento degno di nota in un'auto nata con un'impostazione classica ma parecchie novità: la struttura tubolare in acciaio fu infatti rivestita con pannelli in alluminio saldati ad essa tramite un nuovo materiale chiamato feran, mentre il grande cofano fu realizzato in materiali compositi leggeri per ridurre il peso sull'avantreno. Le sospensioni a quadrilateri furono inoltre dotate di ammortizzatori elettronici a taratura variabile con programmi Comfort e Sport.

Il nome del modello, come da tradizione, indicava la cilindrata unitaria del motore V12, 456 cc appunto, per una cubatura complessiva di 5,5 litri: questa unità, siglata F116 e destinata poi ad essere montata anche sulla 550 Maranello del '96, sprigionava inizialmente 442 CV a 6.250 giri e una coppia di 550 Nm a circa 4.500 giri. Il cambio, al debutto soltanto manuale a 6 marce, fu montato posteriormente in blocco con il differenziale secondo lo schema Transaxle che Ferrari adottava già dagli Anni '60.
A questo, dal '93 si aggiunse un automatico a 4 marce, un'opzione che Ferrari aveva già introdotto nel '76 sulla 400, dando vita alla 456 GTA. Questa aveva prestazioni molto vicine a quelle della versione manuale, 300 km/h di velocità massima contro 309 e uno 0-100 km/h da circa 5,2 secondi per entrambe.

L'evoluzione siglata "M"
Ferrari non è mai stata solita aggiornare i modelli con semplici restyling: quella presentata nel 1998 con la sigla 456M GT e GTA (la M stava per "Modificata" come sulla F512M e riprendeva una denominazione usata per le Sport Anni '70), fu in effetti un'evoluzione della granturismo che tuttavia andò a intaccare il meno possibile la riuscitissima linea. Questa fu ritoccata sostanzialmente nel frontale e nel cofano, ora privo di sfoghi, oltre che nel disegno del tunnel centrale all'interno dell'abitacolo.
Sul piano tecnico, la principale novità fu una rivisitazione della geometria dell'avantreno, mentre nulla venne toccato a livello di motore e trasmissione, a parte l'introduzione del controllo elettronico della trazione che rese l'auto più gestibile sul bagnato soprattutto da parte dei conducenti meno smaliziati.


Un gioiello accessibile
La produzione complessiva della Ferrari 456 GT ammonta a poco meno di 3.300 unità di cui 2.000 circa della prima serie, le cui preferenze furono decisamente orientate verso il cambio manuale (l'automatico venne scelto da appena 408 clienti) mentre per la M, prodotta in totale in quasi 1.300 unità, la GTA rappresentò circa la metà delle richieste.
Considerata una delle GT più belle e gratificanti dell'era moderna, la 456 non ha mai avuto un vero proprio calo di interesse, anche se le quotazioni sono oscillate di parecchio tra il 2010 e il 2015 a causa di politiche fiscali che hanno in parte compromesso il mercato delle auto più potenti e costose facendo scendere le quotazioni, poi risalite ma sempre decisamente allettanti rispetto a quelle delle sportive a 2 posti, che restano le più ambite.

Una 456 GT cambio manuale oggi è infatti valutata tra i 50.000 e i 70.000 euro per esemplari da buoni a ottimi, con poca differenza tra prima serie e M, viste le prestazioni identiche. Discorso differente per le automatiche, che pur meno numerose valgono in media 10-12.000 euro in meno.
Come sempre, l'elemento più importante è la corretta manutenzione del motore, che è tendenzialmente costosa. In più, occorre un occhio allo stato degli interni: le plastiche utilizzate negli Anni '90 con il tempo tendono infatti a diventare appiccicose, specie se l'auto è stata molto al sole, e richiedono un trattamento specifico per essere ripulite e riportate all'aspetto originale.