Non sarà stata lunga come quella del sottotenente Drogo ne Il deserto dei Tartari, ma anche per gli incentivi auto l'attesa è realmente finita. I contenuti del Dpcm, a due giorni dall'approvazione, sono ormai noti e stranoti. Ma se ancora non li conoscete . 

Meno evidente è invece quello che il decreto, nonostante una gestazione-matusalemme, non dice e che invece avrebbe potuto o, in alcuni casi, dovuto dire. Vediamolo insieme.

Società fuori dai giochi

Una delle prime cose che saltano all'occhio è che nel provvedimento si parla praticamente solo di privati. Le persone giuridiche, cioè le società, restano escluse. Ma non tutte. Paradossalmente solo quelle di settore, che svolgono la loro attività nell'automotive. A parte una minima apertura condizionata (24 mesi di operatività commerciale dell'auto) per il car sharing, l'articolo 2 del decreto riconosce gli incentivi all'acquisto solo ai privati, "anche in locazione finanziaria", cioè in leasing, che è essenzialmente un'operazione di finanziamento realizzabile soltanto dagli intermediari finanziari. E quindi in pratica dalle banche (comprese quelle captive delle Case auto).

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Perché allora le banche ci mettono lo zampino (anche se il contributo va al privato) e le aziende della galassia automotive no? Probabilmente perché il governo si è accorto che qualche società si è 'accaparrata' a dismisura i bonus previsti nella precedente tornata di incentivi e ha voluto evitare che questa situazione distorsiva si ripetesse. 

Qui però pare di trovarsi di fronte al solito vizio del legislatore italiano: se qualcuno fa il furbetto del quartierino finisce che poi le conseguenze le pagano tutti, anche gli altri che sono 'in regola'. Era tecnicamente e tecnologicamente impossibile prevedere un tetto al numero di incentivi che finiscono alle aziende, un po' come nei supermercati quando ci troviamo di fronte alla maxi offerta sottocosto?

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Leasing sì, noleggio no

Dal provvedimento, visto che si parla solo di privati, resta fuori il noleggio, a lungo e a breve termine. Il primo fa ormai più di un terzo del mercato, il secondo dà ossigeno anche a un settore tra i più in crisi, come il turismo. Ma non solo. Questa esclusione è antitetica rispetto all'obiettivo di assicurare una regolare transizione ecologica attraverso il ricambio progressivo del parco circolante. Il noleggio infatti è una sorta di polmone che garantisce l'acquisto di vetture a zero o a basse emissioni con un ciclo di vita breve (mesi o pochi anni) che poi vengono immesse nel mercato dell'usato.

Altro punto controverso è la drastica riduzione, da 50.000 a 35.000 euro, del tetto al prezzo di listino per la fascia 0-20 g/Km di CO2 rispetto al sistema di incentivi 2019-2021. In questo modo, nel complesso della manovra, si finisce per privilegiare le auto plug-in (21-60 g /km) che prevedono un taglio del 'cap' e la rimodulazione degli importi del bonus molto più ridotti rispetto alle elettriche pure.

Concorrenza falsata?

"Una scelta opinabile e non omogenea rispetto alle altre fasce di emissione, che tra l’altro",. scrive l'Unrae in una nota, "non apporta alcun vantaggio complessivo al mercato. L’unico effetto appare quello di orientare la domanda sull’acquisto di alcuni brand specifici con un’inevitabile distorsione della concorrenza. Vengono infatti penalizzati molti player del mercato, in particolare quelli esteri, e viene ridottala possibilità di scelta da parte dei consumatori".

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Il decreto non dice nulla anche su un'altra delle annose questioni che riguardano il settore in Italia: il trattamento fiscale delle auto aziendali, da noi penalizzante in assoluto e anche nel confronto con gli altri Paesi europei. Anzi. Il governo ha chiesto l’ennesima proroga per il regime transitorio che da decenni rende il nostro l’unico Paese in Europa a non riconoscerne la detraibilità dell’Iva al 100%. 

Tempi troppo stretti

E per finire appare del tutto fuori luogo la scelta di non prolungare da 180 a 360 giorni i termini che  intercorrono dalla prenotazione del bonus all’effettiva immatricolazione del veicolo, visti i ritardi di consegna che derivano "dalla crisi dei semiconduttori e dei ritardi nella produzione causati anche dalconflitto bellico in Ucraina". 

Insomma, il Dpcm incentivi è un decreto monco, un provvedimento colabrodo? Probabilmente no, visto che, citando ancora l'Unrae, "è comunque positivo che il governo abbia dato agli incentivi un orizzonte triennale per supportare la domanda di mercato, incentivi indispensabili a fronte di una trasformazione epocale e di lungo periodo".

E vanno riconosciute anche l'onestà intellettuale e l'impegno del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che presentando il decreto e parlando di "risposta concreta al settore", ha aggiunto che "gli incentivi non sono risolutivi, ma sono uno strumento emergenziale per attraversare un periodo difficile. La pandemia, la carenza di materie prime e la guerra mettono a dura prova anche questo settore. È necessario aprire una riflessione sulla doverosa transizione ecologica che deve essere sostenibile, possibile e non lasciare dietro di sé morti e feriti".