Tutti insieme, in più di 40, per confrontarsi sul futuro dell’auto in Italia e in Europa. È andato in scena un nuovo appuntamento del tavolo automotive al ministero dello Sviluppo economico, dove politica e industria si sono incontrate in vista del Consiglio Ambiente dell’Unione europea, in programma il 28 giugno per decidere sulla proposta di fermare la vendita di tutti i veicoli che emettono CO2 dal 2035.

Un faccia a faccia alla presenza di ben cinque ministri – Giorgetti (Mise), Cingolani (Mite), Giovannini (Mims), Orlando (Lavoro) e Franco (Mef) – che, come spiega lo stesso Giorgetti, ha ribadito l’urgenza di “mettere in campo strumenti interessanti per accompagnare la filiera nel percorso di transizione”.

Ma i dubbi sui piani di Bruxelles da parte del Governo italiano non mancano. E secondo alcune indiscrezioni, su cui i deputati 5 Stelle Chiazzese e Sut hanno chiesto pubblicamente chiarimenti all'esecutivo, l'Italia avrebbe addirittura intenzione di chiedere uno slittamento dello stop dal 2035 al 2040. Anzi, avrebbe già presentato un documento in questo senso firmato insieme a Bulgaria, Portogallo, Romania e Slovacchia, chiedendo contestualmente di ridurre le emissioni di CO2 del 90% al 2035 (invece del 100%). 

“Dosare freno e acceleratore”

Ma torniamo al Tavolo. “A livello europeo – spiega il responsabile dello Sviluppo economico – si sta allargando il fronte dei Paesi che chiedono un passaggio più graduale verso il green”. Il riferimento è evidentemente alla Germania, che solo nei giorni scorsi ha espresso non poche perplessità sullo stop a benzina e diesel, e dove “le forze politiche si stanno confrontando sul tema in maniera pragmatica, ascoltando le richieste e le esigenze anche del settore industriale”.

“Come Mise siamo stati i primi, e lo ricordo con orgoglio – afferma ancora Giorgetti – a non firmare per il Cop26 di Glasgow, seguiti dalla Germania, e ora anche altri iniziano a chiedersi seriamente se non sia necessario un ripensamento sui tempi e modi della transizione ecologica che pongano al centro la responsabilità sociale ed economica insieme con la sacrosanta battaglia ambientale.

L’istinto primordiale – sostiene – è premere sull’acceleratore. Tutti accelerano, ma qui vedo una curva pericolosa e una strada bagnata. Chi fa politica deve saper dosare acceleratore, freno e leva del cambio. So che è molto meno affascinante saper frenare e l’arte della politica è usare la leva del cambio.

Ringrazio il ministro Cingolani – continua – perché mi sta dando una grandissima mano su una posizione che abbiamo espresso come Mise al Cop26, dove abbiamo rotto il muro dell’omertà in nome della neutralità tecnologica e non abbiamo firmato quel documento basato su presupposti scientifici sbagliati. Ora c’è da impegnarsi moltissimo in una fase molto delicata per gestire questa transizione”.

Il ministro Giorgetti
Il ministro Giancarlo Giorgetti (Mise)

Cosa riferisce invece il titolare del ministero della Transizione ecologica, tra gli altri protagonisti del tavolo? “Ci sono richieste miste, non tutti hanno chiesto di rimandare la transizione, è un paesaggio molto vario”, racconta Cingolani, senza scendere troppo nei dettagli.

Il lavoro al centro

Qualche particolare in più lo rivela invece Andrea Orlando, ministro del Lavoro: “Possiamo chiedere più risorse per mantenere la tabella di marcia”, sono state le parole usate, che non nascondono eventuali richieste (anche) economiche all’Europa per gestire la transizione.

Se è vero che la roadmap “sembra molto difficile da sovvertire” e che la transizione “dà benefici a tutta l’Unione europea”, il ministro sottolinea che “i costi sono diversi a seconda della struttura produttiva dei Paesi”, perciò “bisogna lavorare perché siano ripartiti adeguatamente”.

Come? Attraverso “strumenti europei sulla gestione della transizione”. Un punto definito “centrale, più di quello che si concentra su quanto tempo ci vuole per passare all’elettrico”, tanto che “grandi player hanno detto che i tempi sono spesso più rapidi del 2035”.

“Per fronteggiare il pericolo di emorragia di posti di lavoro – aggiunge Orlando – il nostro Paese dispone di una serie di strumenti di politiche attive, abbiamo un’attrezzatura per gestire il cambiamento”.

Il ministro Orlando
I ministri Giovannini (Mims) e Orlando (Lavoro)
Il ministro Cingolani
Il ministro Roberto Cingolani (Mite)

L’impiego è stato al centro anche dell’intervento di Gilberto Pichetto Fratin, viceministro allo Sviluppo economico: secondo lui, la chiave di volta saranno gli “strumenti per la salvaguardia occupazionale e sociale, prevedendo al contempo la ri-professionalizzazione delle maestranze durante le fasi di transizione industriale e la loro formazione continua sulle future tecnologie. Infine – conclude – è necessario chiedere per il settore una specifica revisione della normativa europea sugli aiuti di Stato”.

“Rinviare la transizione”

È invece Anfia a sbilanciarsi un po’ di più. Durante il tavolo al Mise, l’associazione che riunisce la filiera auto italiana ha esortato il Governo a proporre all’Europa una “mitigazione dei target di riduzione delle emissioni di CO2”, istanza di cui “l’Italia si sta facendo portavoce autorevole in Europa”, come scritto dalla stessa organizzazione.

Il perché lo dice il presidente Paolo Scudieri: il rinvio non avrebbe, a suo dire, l’obiettivo di trascurare l’ambiente, ma di “dare la possibilità ad altri spazi tecnologici, come i carburanti sintetici e l’idrogeno, di partecipare alla transizione”.

Il summit è stata anche occasione per mettere in luce l’importanza del Fondo Automotive da 8,7 miliardi di euro, degli aiuti alle imprese nella riconversione industriale e delle modifiche agli incentivi già in vigore.

Sulla stessa scia si inserisce il giudizio di Unem, l'ex Unione Petrolifera, che sostiene lo “sviluppo dei carburanti a basse emissioni di carbonio (LCF), ritenuti peraltro essenziali dalla stessa Commissione europea nei settori hard to abate, quali il trasporto aereo e navale”.

Il rischio di non seguire la ricetta del mix tecnologico sarebbe la chiusura di “intere filiere”. In poche parole, Unem parla di “errore strategico da un punto di vista economico, sociale e di sicurezza energetica, senza alcun vantaggio ambientale”.

Il tavolo automotive al Mise
Il tavolo automotive al Mise

“Occasione persa”

E i sindacati cosa ne pensano? Dagli interventi delle varie sigle, emerge una certa insoddisfazione. Cgil e il coordinatore Fausto Durante, per esempio, chiedono all’esecutivo un piano che “abbia un’ambizione ultradecennale”, perché “dal punto di vista delle proposte concrete è mancato lo sguardo lungo di prospettiva”.

Gli fa eco la Fiom, che parla di “un incontro che non ha portato nessuna novità al settore, un’occasione persa vista la presenza di tutti i ministri competenti e coinvolti nella transizione tecnologica e ambientale”.

“Il dibattito e il confronto non può e non deve concentrarsi sulla possibilità di modificare la Direttiva europea, ma piuttosto di come la Ue supporta le lavoratrici e i lavoratori e le imprese in un percorso di grande trasformazione”.

Fim, dal canto suo, si augura che vengano approvate al più presto “politiche industriali sui semiconduttori, sull’elettronica e su tutto il fronte della componentistica”, mentre Gianluca Ficco, responsabile auto della Uilm, è del parere che “la transizione energetica è già iniziata e l’Italia ha già accumulato troppo ritardo”, quindi “qualsiasi ulteriore rinvio sarebbe fatale per l’industria e l’occupazione”.

Anche Motus-E, l'associazione che riunisce i player della mobilità elettrica, si dice preoccupata “per la mancanza di una posizione programmatica chiara sui fondi e le risorse per accompagnare la transizione in questo settore, a favore delle imprese e dei lavoratori”.

Ecco perché chiede “una mappatura multifiliera delle imprese impegnate nei settori relativi all’automotive per studiarne gli impatti occupazionali”. Prima di chiudere l'intervento, Motus-E ricorda che “ritardare la transizione è il vero danno che bisogna evitare di fare alla filiera, che si vedrebbe superata dai competitor internazionali”.

Fotogallery: Il tavolo automotive al Mise