Eccellenza tecnologica o gatta da pelare? Per qualcuno, il motore boxer (anche se più spesso si è trattato di motori "piatti" o "a V aperta di 180°") è stato un fiore all"occhiello, portato avanti e perfezionato nel tempo fino a raggiungere livelli di eccellenza. I vantaggi del suo poco ingombro verticale e il naturale bilanciamento delle forze hanno compensato la complessità costruttiva e l"ingombro trasversale consentendo di sviluppare auto famose per l’equilibrio,- come le Subaru - o comunque di riferimento, come le Porsche.
A scorrere gli annali dell"auto, di Case che hanno utilizzato questa architettura ce ne sono moltissime, anche se non tutti quelli che hanno intrapreso lo sviluppo sono poi riusciti a portarlo a termine. Ecco 6 dei motori boxer più famosi e un paio di tentativi andati male.
Boxer di successo: Volkswagen
Nel primo Volkswagen "Maggiolino" c"era tutta la genialità di Ferdinand Porsche , per "l"auto del popolo" tedesco che scelse la soluzione del quattro cilindri boxer raffreddato ad aria. Nato alla fine degli Anni "30 con una cilindrata di 985 cc, questo propulsore ebbe un"evoluzione costante che portò la cilindrata fino a 1.8 litri sui modelli derivati come la 411 e a 2 litri sulla Volkswagen-Porsche 914.
Il motore Volkswagen ha inoltre fatto da base ai primi motori della Porsche 356, che inizialmente condivideva molti componenti con la "cugina" di Wolfsburg, ma con evoluzioni più ambiziose, cilindrata spinta fino ai due litri e distribuzione bialbero già sul 1.5 da competizione della 550 Spyder del "55. Ne saranno prodotti oltre 21 milioni solo per il maggiolino, senza contare tutti gli altri modelli basati sulla sua meccanica.
Boxer di successo: Porsche "flat six"
Il progetto originale sviluppato per la prima 911, erede della 356, ha dato vita ad una delle dinastie di motori più longeva di sempre. E senz"altro alla più prolifica, limitatamente ai boxer: il primo 6 cilindri 901.01 aveva una cilindrata di 2 litri e 130 CV di potenza, ma nel giro di qualche decennio si è evoluto fino a 3.6 litri, accogliendo anche il Turbo da metà anni "70 in poi.
La grande rivoluzione è arrivata negli Anni "90 con la 996 che ha segnato il passaggio al raffreddamento a liquido, inizialmente sgradito ai clienti affezionati al tipico sound Porsche, ma imposto da esigenze di controllo delle emissioni. Oggi la 911 - così come le più piccola Boxster e Cayman 718 (tornate ai quattro cilindri) - monta motori boxer modulari capaci di raggiungere potenze di 650 CV.
Boxer di successo: Subaru B4, B6 e… Diesel
Parli della Casa delle Pleiadi e le prime due cose che vengono in mente sono "trazione integrale" e "motore boxer": ma se la prima è diventata un must dagli Anni "80 in poi, il propulsore "piatto" è arrivato prima (addirittura nel 1966 sulla 1000), affermandosi poi sull"intera produzione della Casa giapponese che cinquant"anni dopo, nel 2016, ne aveva prodotti oltre 16 milioni, sia a 4 che a 6 cilindri.
I più famosi sono senz"altro i sovralimentati, con cui negli Anni "90 la Impreza ha collezionato 47 vittorie e 3 titoli soltanto nel Mondiale Rally, senza contare le altre competizioni, .
Nel 2008, poi, Subaru ha deposto un"altra pietra miliare nella storia dell"auto mettendo a listino il primo Boxer Diesel, un 2 litri da 150 CV, rimasto in produzione fino a quest"anno quando la Casa, come annunciato da tempo, ha abbandonato questo carburante concentrandosi sugli ibridi a benzina. Sempre boxer, naturalmente...
Boxer di successo: Citroën Bicilindrico
Il più piccolo boxer che si è meritato un posto d"onore nella storia è quello che Citroën ha destinato alla 2CV sin dal debutto, nel 1948, con raffreddamento ad aria e cilindrata di appena 375 cc,e poi sviluppato fino a 435 e 602 cc arrivando a sfiorare i 30 CV di potenza. Sulla sola 2CV è rimasto in produzione per ben quarant"anni, equipaggiando anche versioni derivate come le varie Dyane, Ami 6 e Ami 8, Mehari e raggiungendo un totale di oltre 9 milioni di unità.
Boxer di successo: Lancia 4 cilindri
Innovatrice anche e soprattutto in campo tecnico, Lancia è stata la prima Casa italiana a mettere in produzione un motore boxer e forse lo avrebbe ancora se non fosse confluita nel Gruppo Fiat, adottando piattaforme e componenti dettati dall"economia di scala. Debuttò nel 1960 con la Flavia, che ne montava varianti da 1.5 o 1.8 litri e infine 2 litri, che furono anche i primi a iniezione meccanica e poi elettronica, mentre la seconda generazione da 2.0 e 2.5 litri accompagnò l"ammiraglia Gamma fino al 1984.
Boxer di successo: Alfa Boxer
Piuttosto famosi negli Anni "80 per sound, affidabilità e prestazioni, i quattro cilindri boxer Alfa Romeo montati a sbalzo sull"asse anteriore sono stati progettati inizialmente per l"Alfasud e poi conservati sulle sue eredi, la 33 prima e le 145 e 146 poi, con le quali hanno visto la graduale sostituzione a favore dei più moderni 4 cilindri in linea trasversali, scomparendo del tutto dal "97. Le cilindrate andavano da 1.2 a 1.7 litri, con potenze fino a 130 CV.
Boxer meno fortunati: Citroën 6 cilindri
Quando si è mai visto un 6 cilindri boxer firmato Citroën? È un motore che, infatti, non ha mai visto la luce, ma che avrebbe potuto trovarsi sotto il cofano della rivoluzionaria DS del "55. Innovativa nella linea, nella costruzione e nelle sospensioni, la berlina francese avrebbe meritato una soluzione altrettanto avanzata anche per il propulsore, invece dovette accontentarsi di un"evoluzione del 4 cilindri in linea 1.9 della Traction Avant.
Il boxer era, appunto, una delle ipotesi formulate dai progettisti, che dopo aver costruito alcuni prototipi dovettero arrendersi a causa di complicazioni come costo e complessità costruttiva e problemi di raffreddamento e lubrificazione dei due cilindri centrali.
Boxer meno fortunati: Fiat bicilindrico coassiale
Ne abbiamo accennato nell"articolo sui motori più strani di Casa Fiat: il boxer è una delle soluzioni a cui l"ufficio progetti diretto da Dante Giacosa si interessò negli Anni "50. Il geniale progettista cercò una soluzione per bilanciare le forze trasversali e mise allo studio un motore con una biella su un lato e due sull"altro, che permetteva di avere i pistoni perfettamente allineati.
Anche in questo caso, i costi e la difficoltà costruttiva - aggravata dalla particolare soluzione della doppia biella - resero sconveniente mettere in produzione il motore, di cui furono sperimentate varianti a due o quattro cilindri con raffreddamento sia ad aria sia a liquido.