Ogni volta che sentiamo un dirigente ammettere che un certo modello in un particolare momento ha letteralmente salvato le sorti della tale Casa, non possiamo fare a meno di pensare a tutte le volte in cui invece le cose non sono andate altrettanto bene. Marchi storici scomparsi in tempi più o meno recenti come Rover, autentica icona inglese con oltre 100 anni di storia, avrebbero potuto essere salvati da un'auto sola?

Se la risposta è sì, pensando agli anni in cui il marchio britannico ha chiuso i battenti ovvero i primi del nuovo millennio, quell'auto avrebbe dovuto essere per forza un SUV. Infatti, poco prima dello stop, Rover ne aveva studiato uno, presentato come prototipo al Salone di Ginevra del 2002 con la sigla TCV.

Nato per essere versatile

La sigla TCV stava per Tourer Concept Vehicle, nulla di troppo originale visto con gli occhi di oggi, ma ai tempi i primi SUV erano questo, evoluzione delle vetture familiari più che dei fuoristrada. Il disegno si deve alla matita di Peter Stevens che, dopo aver lavorato a modelli celebri come la McLaren F1 e l'ultima evoluzione della Lotus Esprit, era diventato il responsabile dello stile Rover firmando gli ultimi modelli, dalle 25 e 45 (restyling delle 200 e 400) alla nuovissima 75, e le relative varianti sportive MG.

La linea della TCV tuttavia si discostava da queste per l'abbondanza di spigoli e le superfici piatte che mostravano la possibile futura direzione dello stile di marca. La caratteristica saliente dell'auto, poi, era tutta un'altra, vale a dire la versatilità, su cui la Casa puntava talmente che sullo stand Rover a Ginevra la concept è stata presentata con una lavatrice piazzata nel bagagliaio a dimostrazione di quanto potesse essere spaziosa.

Rover TCV Concept 2002

L'interno era infatti stato concepito con uno speciale pavimento che poteva essere abbassato nella parte posteriore per ottimizzare il volume e agevolare il carico, mentre tutti i sedili potevano essere ripiegati a scomparsa. Tutti ad eccezione di quello del conducente, perché ai tempi ancora non si parlava seriamente di guida autonoma.

In questo modo si andavano a liberare uno spazio lungo 3 metri e un'area paragonabile a quella offerta da un piccolo van. In alternativa era possibile montare divani fissi e vari altri accessori, grazie a punti di innesto ricavati ancora nel pavimento, trasformando così l'abitacolo in un salotto viaggiante.

Rover TCV Concept 2002

Sotto il cofano un V6

La meccanica era ripresa dai modelli di serie e non aveva nulla di altrettanto rivoluzionario: montava infatti il gruppo motore della 75 con il 2.5 V6 appartenente alla famiglia dei Serie K, elementi che sarebbero quasi certamente tornati su un eventuale modello di serie. 

Il telaio della 75, sviluppata nel periodo in cui Rover apparteneva a BMW (cosa accaduta dal '94 al 2000), era predisposto per la trazione integrale e l'assetto rialzato di 30 mm della concept confermava che l'idea era proprio quella di seguire il filone più alla moda in quel momento.

Rover TCV Concept 2002

Epilogo amaro

Purtroppo, questo progetto, come quello della bella 75 Coupé presentata nello stesso anno, ha in realtà segnato la fine dell'attività del marchio, anche se a Ginevra i vertici del Gruppo MG Rover si sono persino sbilanciati ad annunciare che da TCV sarebbe presto nato il primo modello di una nuova gamma in arrivo a partire dal 2004, cosa mai accaduta. 

Secondo alcune fonti, il progetto presentava qualche criticità anche di tipo "legale" in quanto Ford, che aveva rilevato Land Rover da BMW nel 2000, avrebbe imposto a MG Rover il divieto di costruire veicoli fuoristrada per evitare confusione e sovrapposizioni con il marchio di Solihull.

Per lo stesso motivo, nel 2005, dopo il fallimento di MG Rover, il colosso americano si è affrettato ad acquisire i diritti per lo sfruttamento del marchio Rover in modo da impedirne l'utilizzo a chiunque altro, decretandone così la definitiva soppressione

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