Nel periodo prebellico, BMW si è guadagnata una certa reputazione come costruttrice di vetture eleganti e sportive, tra cui alcune cabriolet e roadster come le celebri 327 e 328, particolarmente belle e veloci. Tuttavia, malgrado questo, circa dieci anni dopo il conflitto la Casa si è trovata in difficoltà, sia sotto l'aspetto commerciale sia sotto quello finanziario, con le grandi berline 501 e 502 che, seppur apprezzate, non stavano dando i risultati sperati.
Oggi sappiamo che paradossalmente è stata una serie di modelli economici, come la microcar Isetta e le successive 600 e 700, a risollevare un po' le sorti e le casse del marchio bavarese il quale, tuttavia, a metà Anni '50, ha tentato anche la fortuna con nuovi modelli sportivi, tra cui un paio di scoperte.
L'intuizione del Conte
Intorno ai primi Anni '50, BMW ha messo in cantiere due distinti progetti, per quanto molto simili sotto il profilo tecnico, per una coupé e cabriolet a quattro posti e una più essenziale roadster a due posti, che vivacizzassero un po' i listini in cui il massimo della sportività era rappresentato dalle varianti della imponente 502. A dare l'impulso il "solito" Max Hoffman, importatore per gli Stati Uniti di vetture europee, ai cui suggerimenti si devono parecchi modelli di successo.
Secondo lui una roadster con i motori V8 delle berline avrebbe facilmente soddisfatto i gusti della clientela a stelle e strisce, che in quegli anni iniziava ad appassionarsi alla nuova Corvette. Il maggior merito di Hoffman è però quello di aver presentato alla Casa il giovane conte Albrecht von Goertz, designer di talento, che ha proposto alla Casa bozzetti di stile molti più convincenti di quelli elaborati internamente per le future 503 e 507.
La roadster 507, in particolare, è ancora oggi ricordata come il capolavoro assoluto di Goertz: bassa e filante, rivaleggiava per eleganza con le spider italiane e inglesi proponendo anche un nuovo e interessante sviluppo della mascherina a doppio rene, rimodellata a tutta larghezza, che in quegli anni si stava adattando a forme diverse dalle monumentali calandre verticali del periodo precedente.
Sportiva vera
La 507 era lunga meno di 4,4 metri e alta appena 1,25 malgrado l'assetto relativamente alto per una sportiva, e aveva sospensioni a quadrilateri all'anteriore e a ponte rigido al posteriore, con barre di torsione per entrambi gli schemi, e freni a tamburo. Le armi in più erano la carrozzeria in alluminio su telaio a longheroni rinforzati (peso totale 1.330 kg) e il motore V8.
Quest'ultimo arrivava, come già accennato, dalla 502 ed era la versione più potente delle due proposte sulla berlina, rispettivamente da 2,6 litri e 100 CV e 3.2 e 140 CV elevati sulla roadster a 150. Il cambio era manuale a 4 marce, la velocità e l'accelerazione cambiavano a seconda del rapporto finale al differenziale, per cui erano possibili diverse opzioni (come sulla Mercedes 300 SL). Si andava quindi da 190 a 220 km/h e da 9,5 a 11 secondi per lo 0-100, mentre la percorrenza superava di poco i 5 km con un litro di benzina.
Poche ma destinate alla gloria
La 507 è considerata un successo, ma più per l'immagine e il prestigio che per i volumi. La produzione si è infatti attestata su sole 252 unità, oggi ricercatissime e con quotazioni che oscillano da 1 a 2 milioni di euro a seconda dello stato di conservazione.
Oltre che celebrata come una delle più belle roadster del periodo e delle più iconiche BMW di sempre, la 507 è stata anche di ispirazione per alcune discendenti. Molti la considerano la prozia della moderna serie Z, iniziata negli Anni '80 con la Z1 e proseguita con le più recenti Z3 e Z4, che però sono "piccole" a 4/6 cilindri.
La sua vera erede spirituale è stata la Z8 del '99, un'autentica supercar che aveva molti dettagli stilistici, dalla calandra agli sfoghi laterali cromati, ripresi quasi fedelmente dalla 507, oltre a un motore V8 stavolta da 5 litri e 400 CV. L'omaggio era ancor più evidente nel prototipo, battezzato Z07, che dava un'enfasi persino maggiore ai richiami classici.