Quello della Touring Superleggera è uno di quei casi in cui le competenze da “artista”, nel dare un aspetto alle carrozzerie, si coniuga alla perfezione con quello più “da nerd”, nella lavorazione dei metalli, creando un mix di creatività ed ingegnosità che per anni ne fanno da biglietto da visita.

Una fiaba che termina tristemente alla fine degli Anni ‘60, per poi ripartire, con grande slancio, negli Anni 2000 grazie a nuovi ed appassionati proprietari, desiderosi di trasporre lo spirito di intraprendenza dei tempi d’oro con le migliori tecnologie di oggi.

Fotogallery: Touring Superleggera, tutte le auto più belle

Due ragazzi e tante idee

Felice Bianchi Anderloni e Gaetano Ponzoni si laureano in legge negli Anni ‘20, ma fin da subito non mostrano il benché minimo interesse verso una possibile carriera da avvocati. Infischiandosene del prezioso pezzo di carta appena conseguito e, probabilmente, anche delle rosee aspettative delle rispettive famiglie, decidono di mettersi in società e, nel 1926, di rilevare la Carrozzeria Falco, fondata da Vittorio Ascari, fratello del ben più famoso pilota Antonio. La neonata Touring, come tante altre carrozzerie dell’epoca, si occupa di ricevere i telai nudi dai clienti e di vestirli secondo le loro richieste.

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Il Signor Bianchi Anderloni, avendo corso con l’Isotta Fraschini ed avendo entrambe le sorelle sposate con i titolari di quest’ultima, permette alla sua azienda di avere già delle importanti commesse. Le cose si avvantaggiano ulteriormente dato che la Touring, nella periferia di Milano, vanta degli importanti vicini di casa: l’Alfa Romeo e la filiale italiana della Citroen. Per i due soci è un inizio col botto.

L’affinazione di una tecnica tuta loro

Subito il leitmotiv della Touring è “il peso è il nemico, la resistenza dell’aria è l’ostacolo”. È chiaro fin dal principio dove i due ragazzi vogliono spingersi. La vecchia ossatura in legno viene sostituita da una nuova, composta da tubi di acciaio, saldati insieme alla scocca e su cui vengono modellati i pannelli in alluminio o altri materiali leggeri.

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Nel corso degli anni successivi vengono fatti altri astuti accorgimenti per ridurre la zavorra il più possibile, come il plexiglass al posto del vetro per i cristalli o nuovi materiali per l’intelaiatura dei sedili. Viene creato così quel metodo che prende il nome di Superleggera, un motivo d’orgoglio per i due imprenditori, tanto da mettere questo sinonimo nella ragione sociale dell’azienda.

L’affermazione sulle scene

Sin da subito la Touring porta le sue vetture ad esibirsi, spavalde, sul tappeto rosso dei concorsi d’eleganza, mentre le varie scuderie le comprano per scatenarle sulle piste. Dalla Villa d’Este di Cernobbio al traguardo dell’Autodromo di Monza, l’Isotta Fraschini 8A, le Alfa Romeo 6C e 8C, le BMW 328 Berlinetta e Roadster e tante altre portano alla Touring grande visibilità internazionale.

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Da piccola azienda artigianale diventa presto una delle industrie più rinomate del suo settore, raggiungendo un ruolo da fornitore di primo livello per le case più prestigiose per i clienti più raffinati. Ottiene anche diverse commesse per l’industria aeronautica e riesce, prima tra i carrozzieri, a farsi una rudimentale galleria del vento nel proprio stabilimento. È ad essa che la Auto Avio Costruzioni, ovvero l’inizio dell’esperienza di Enzo Ferrari come costruttore indipendente, si rivolge per realizzare la 815.

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Dalle macerie al ritorno in grande

La Seconda Guerra Mondiale è un grande trauma anche per la Touring, che si trova costretta ad interrompere i sogni di corse sui circuiti e meeting spensierati nelle ville. In questi terribili anni, durante i quali l’impianto rimane vittima dei bombardamenti, cerca di campare producendo componenti per gli aerei e inventa una particolare bicicletta da paracadutista.

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Passata la tempesta bellica la Touring torna finalmente a giocare con la pelle e i telai delle auto. Il risveglio dall’incubo della guerra avviene con l’Alfa Romeo 6C Villa d’Este e un piano di rilancio, poi purtroppo non concretizzato, della Isotta Fraschini. È in questo periodo che Carlo Felice Bianchi Anderloni, figlio di Felice Bianchi Anderloni, prende il timone dell’azienda e la traghetta, carico di ottimismo, negli anni del boom economico.

Collaborazioni a lungo raggio

Nel primo dopoguerra la Touring di Carlo Felice Bianchi Anderloni aiuta Ferrari a dar vita al suo primo modello costruito in serie: la 166, il modello con cui la casa di Maranello riesce, piano piano, ad affermarsi nel mercato privato. Sono anche gli anni delle Hudson Italia, Alfa Romeo 1900 Sprint, Alfa Romeo Disco Volante, Lancia Flaminia GT e convertibile, Alfa Romeo 2000 Spider, Alfa Romeo 2600 Spider e Maserati 3500 GT, modelli che rappresentano al meglio un’epoca in cui la gente pensa a concedersi il meglio dalla vita, buttandosi totalmente i problemi tra le sabbie degli anni precedenti.

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È in questo contesto che la Touring collabora intensamente con l’Aston Martin di David Brown, plasmandone quel family feeling e quei canoni estetici che rientrano tutt’ora nel DNA della casa inglese, grazie a modelli come DB4 e DB5 che con James Bond diventano pure star del cinema. Anche Ferruccio Lamborghini, messosi in testa la voglia di battere Ferrari, si rivolge alla carrozzeria milanese per le sue 350 GT e 400 GT.

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Un’alleanza che promette bene

Molte case, a quei tempi, cominciano ad arrangiarsi da sole per quanto riguarda la creazione di modelli speciali, come coupé e spider. La Touring riesce a piazzare solo pochi esemplari dell’Alfa Romeo Giulia GTC, versione scoperta della GT di Bertone, mentre la Fiat 124 cabriolet, basata sulla berlina, non riesce ad interessare la dirigenza della casa torinese.

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Quindi, negli Anni ‘60, riesce ad intavolare un'incoraggiante collaborazione con il gruppo Rootes. Il costruttore inglese, proprietario dei marchi Humber, Sumbeam e Hillman, è in cerca di una testa di ponte per sbarcare sul mercato europeo, ma allo stesso tempo ritiene che il rigore esageratamente “british” delle sue vetture sia d’intralcio fuori dal Regno Unito. Touring crea il modello Sunbeam Venezia e impianta un nuovo stabilimento nei pressi di Milano, munito delle attrezzature più moderne disponibili in quel periodo.

Una fine immeritata

L’improvvisa scomparsa di Lord Rootes, titolare del gruppo inglese, manda all’aria la partnership con la Touring, che nel frattempo ha sul groppone tutte le spese per il nuovo impianto. L’atelier fa in tempo a terminare gli ordini rimasti delle altre case e a lasciare, come ultime testimonianze, la showcar Lamborghini Flyingstar e lo stile della Jensen Interceptor, prima di trovarsi costretta a chiudere nel 1966. Un triste addio ad uno dei nomi più illustri dell’arte italiana di costruire automobili.

Touring Superleggera, tutte le auto più belle
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Quello che rimane dell’azienda, tra progetti e personale rimasto a piedi, viene rilevato dalla Marazzi, già nota per aver prodotto la 33 Stradale per conto dell’Alfa Romeo e che riceve la commessa per la Lamborghini Islero, evoluzione della 400 GT. A fine Anni ‘90 la stessa Marazzi tenta di rilanciare il marchio Touring. Collabora con Luca Zagato, nipote di Ugo Zagato, alla realizzazione una piccola coupé a due posti secchi, la 2500 GT di OSCA, altro nome glorioso dell’automobilismo sportivo italiano, e meccanica Subaru. La vettura rimane un pezzo unico e ci vuole ancora del tempo per il definitivo ritorno di questo brand sulle scene.

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Il ritorno in pompa magna

Un gruppo di investitori, all’inizio del terzo millennio, rileva il marchio e decide di far risorgere la Touring Superleggera come l’araba fenice, con l’obiettivo di dedicarsi all’allestimento di un numero ristretto di vetture e anche al restauro delle storiche. Giocattoli destinati a clienti muniti non solo di molti soldi, ma anche, ed è quello che forse più conta, di una notevole voglia di distinguersi, pure dagli normali utenti di modelli di gran lusso.

Touring Superleggera, tutte le auto più belle
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La storia della Touring Superleggera riparte con la Maserati Bellagio, reinterpretazione wagon della Quattroporte quinta serie, e prosegue fino ai giorni nostri con le nuove Disco Volante e Sciàdipersia, sia chiusa che scoperta, omaggi alle antenate del passato, ottenute sacrificando rispettivamente esemplari di Alfa Romeo 8C e Maserati Granturismo. Un gioioso lieto fine come pochi se ne vedono nel mondo dell'auto.

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