Conoscete il significato dell'acronimo MaaS? Trattasi di un inglesismo che sta per Mobility as a Service. Per dirla in italiano, citando il sito del ministero dell'Innovazione, si tratta di un "concetto globale di mobilità che prevede l'integrazione di molteplici servizi di trasporto pubblico e privato accessibili grazie ad un unico canale digitale".

Detto in parole povere: allontanarsi dal concetto di proprietà di un veicolo, andando verso una mobilità condivisa così da ottimizzarne l'uso ed evitare che - come accade oggi - un mezzo rimanga fermo per la stragrande maggioranza del tempo. 

Non è però solo una visione di un futuro immaginario, ma un piano con proprio budget - 40 milioni di euro del PNRR e 16,9 dal Fondo Complementare - da sviluppare nei prossimi anni. Obiettivo? Diminuire drasticamente le auto private all'interno delle città. 

Fronte comune

Detta in questo modo suona come un piano di esproprio proletario. Naturalmente non è così. È un piano che vede della partita numerose città sparse per il mondo, comprese Milano, Roma e Torino, i cui assessori alla mobilità Arianna Censi, Eugenio Patanè e Paolo Mazzoleni - intervenuti in occasione dell'Urban Mobility Council 2023 - si trovano d'accordo nel dire che il futuro è nel MaaS.

La mappa di Area B e Area C di Milano

Tanto per rendere il concetto: l'obiettivo dichiarato da Censi è quello di diminuire il numero di auto che entrano in città e di quelle che occupano il suolo pubblico. Città senza auto? No, ma città dove le auto private rappresentino una percentuale minore, favorendo trasporto pubblico - a Milano è stata da poco inaugurata la quinta linea della metropolitana - e in condivisione, con monopattini e biciclette a giocare un ruolo importante. Per ora tra le opere di disincentivo ci sono Area B e Area C, che in futuro stringeranno ulteriormente le maglie vietando l'ingresso a un sempre maggiore numero di auto. 

Una questione quella delle auto private in città che a Roma è all'ordine del giorno. Nella Città Eterna ci sono più auto che patenti, come più volte sottolineato da Patanè, secondo cui "C'è un'eccessiva proprietà vetture nonostante non ci sia necessità". Il numero portato a supporto della tesi è quello che conosciamo tutti: in media le auto private rimangono ferme per il 92% del tempo. Stop legati alla non necessità e nel frattempo si svalutano e occupano spazio. La vera questione è quindi passare dalla proprietà allo sharing.

La mappa della Fascia Verde di Roma

Se le città vogliono liberarsi delle auto però devono ripensare i loro servizi e agire velocemente per creare le condizioni ideali affinché la MaaS diventi possibile. Mazzoleni ha portato l'esempio di Torino, rea negli anni di aver sottovalutato le infrastrutture per mobilità, dimenticandosi di loro per 30 anni. Ora occorre fare in fretta con una pianificazione che tenga conto del trasporto pubblico. Proprio per questo stanno per partire i lavori per la seconda linea della metropolitana, finanziati anche grazie a fondi del Governo.

C'è poi la questione - non affrontata - dei limiti di velocità, all'ordine del giorno e che vede Bologna apripista in Italia e primo grande comune a diventare città a 30 km/h, per aumentare la sicurezza e abbattere le emissioni. 

Cambio di paradigma

Il Mobility as a Service è quindi la risposta alla domanda "come rendere più vivibili le città". Un modello doppiamente incentivato: se da una parte infatti i comuni spingono sul MaaS, anche le Case auto stanno cambiando i propri business plan per passare dall'essere "semplici" costruttori a fornitori di mobilità.

Free2Move

La flotta di Free2Move

L'auto elettrica non diventa quindi solo un oggetto da vendere, ma da noleggiare, da inserire in flotte di sharing e via dicendo. Di esempi ce ne sono a non finire: Stellantis sempre più impegnata proprio nel car sharing, anche se per molti rappresenta un business in perdita, Volkswagen con il suo piano "Value over volume" basato su quattro pilastri, tra i quali figurano proprio i servizi di mobilità, o Renault che con Mobilize punta a non farci comprare più auto.   

Foto | Mobilize Limo, primo contatto

Mobilize Limo

Le Dacia Spring di Zity

Una Dacia Spring di Zity

Auto condivise che ben si sposano con la mobilità elettrica. Come emerso in una ricerca presentata sempre in occasione dell'Urban Mobility Council se si punta ad avere modelli con 500 km di autonomia, ciò significa che avremo batterie capaci di percorrere in totale 600.000 km. Perché tenerle ferme per la stragrande maggioranza del tempo?