Dalla Cosmo alla RX-8, senza dimenticare la 787B che ha addirittura vinto la 24h di Le Mans nel "91, le auto più famose ad aver utilizzato il motore a pistone rotativo Wankel sono Mazda. La Casa di Hiroshima in effetti è quella che ne ha perseguito lo sviluppo con la maggiore dedizione, tanto che tuttora programma di riadottare questo motore (uscito di produzione proprio con la RX-8) nei suoi sistemi ibridi e elettrici range extended.
Tuttavia, la sofferta storia del motore senza bielle è passata attraverso diversi costruttori (anche motociclistici) che hanno provato ad adottarlo, anche se la maggior parte di questi non è andato oltre la fase sperimentale. Ecco tutti i modelli di auto non giapponesi che hanno provato il "rotary engine".
NSU Spider - 1964
Felix Wankel, ideatore dell"omonimo motore a pistone rotativo, era tedesco, ed ebbe l"idea negli Anni "60, ossessionato dalla ricerca di una soluzione che potesse eliminare i limiti di efficienza dei motori tradizionali, che disperdono un sacco di energia nel trasformare il moto lineare dei pistoni in moto rotatorio.

Già questo dovrebbe far sorgere il sospetto che le prime applicazioni della tecnologia da lui ideata possano essere state collaudate in Europa prima che in Giappone. Infatti è così: Wankel trovò la collaborazione della NSU di Neckarsulm, che lo aiutò a sviluppare e affinare l"idea e arrivò addirittura a mettere in produzione alcuni modelli con questo motore: prima assoluta, la Spider del "64 montava un motore a rotore singolo di 498 cc da 50 CV, posteriore come al trazione. Ne furono costruite poco meno di 2.400 in 3 anni.

NSU RO80 - 1967
La vettura più celebre, almeno tra le europee, ad aver montato il propulsore Wankel è forse quella che ne ha messo meglio in luce i maggiori difetti di gioventù come l"usura precoce di alcuni componenti e il consumo elevato di olio e carburante. Il suo aveva due rotori, una cilindrata totale di 995 cc e 115 CV di potenza. Nominata auto dell"anno per il 1984, per i molti elementi innovativi tecnici e stilistici, fu comunque prodotta in oltre 37mila unità in 10 anni.

Mercedes C111 - 1969
Persino Mercedes si è interessata a questa tecnologia, che ha impiegato su due dei 5 prototipi della serie C111 da "69 ai primi Anni "70 spingendo sull"aspetto prestazionale. Le vetture sperimentali montavano motori a tre e quattro rotori, il più potente dei quali aveva 2,4 litri di cubatura ed erogava 350 CV a 7.000 giri Spingendo l"auto a sfiorare i 300 km/h.

Citroën M35 - 1969
La casa francese riponeva grandi aspettative nel Wankel, che si rivelò purtroppo un cattivo affare: l"avvicinamento alla NSU, con la quale creò addirittura una società finalizzata proprio allo sviluppo e alla produzione del motore rotativo, portò alla produzione di una piccola serie di vetturette sperimentali M35, basate sul telaio della AMI 8 ma ricarrozzate da Heulieuz come coupé, e dotate di un monorotore da poco meno di mezzo litro che erogava 49 CV. L"auto, che aveva anche una versione semplificata della sospensione idropneumatica della DS, risultava però costosa da produrre e dei 500 esemplari previsti ne furono costruiti soltanto 267.

Alfa Romeo 1750 e Spider – 1970
Sì, persino Alfa Romeo si è interessata al motore rotativo, per il quale ha messo all"opera un"equipe di tecnici e intrattenuto per un certo periodo una collaborazione con la NSU. L"impegno profuso non è stato sufficiente, così come negli altri casi, a venire a capo dei problemi tecnici di questa soluzione, ma alcuni esemplari della berlina 1750 e della contemporanea Spider sono stati dotati di prototipi a uno o due rotori, capaci di circa 50 e 130 CV, sebbene rimasti in uso soltanto al reparto esperienze e poi, si dice, distrutti dopo l"abbandono delle ricerche.

Citroën GS - 1973
Malgrado i difetti, Citroën volle insistere con il Wankel e nel "73 lo propose su una specifica variante della compatta GS, in una versione due rotori (da qui il nome "GS Birotor") di circa 2 litri complessivi e 107 CV. Malgrado le prestazioni notevoli, l"auto conservava i problemi di affidabilità e consumi, uniti alla difficoltà di controllare le emissioni, tanto che la produzione terminò dopo circa 2 anni e nemmeno 900 unità vendute che furono in gran parte ritirate e sostituite con delle CX nuove fiammanti.

AMC Pacer - 1975
La controversa "compact" della American Motors Cormporation era stata progettata apposta per utilizzare motori Wankel, che sarebbero dovuti essere forniti inizialmente dalla Curtiss Wright e poi da General Motors. Tuttavia il colosso di Detroit rinunciò a sviluppare il rotativo per via delle solite difficoltà, tra cui la poca coppia ai bassi regimi e il difficile controllo delle emissioni sulle quali a metà anni "70 sarebbe arrivata una normazione più severa. Pare che soltanto pochi prototipi abbiano montato motori sperimentali in fase di sviluppo. Ma per la produzione si optò per convenzionali unità a 6 e 8 cilindri.

Chevrolet Aerovette - 1976
Costretta a rinunciare al proposito di introdurre il Wankel su vetture di serie (tra cui la Chevrolet Vega) per l"impossibilità di una messa a punto adeguata, GM continuò comunque a lavorarci per un po", montandolo anche su alcuni prototipi di sportive a motore centrale della serie XP. A queste seguì nel "76 la Aerovette, che per la prima volta ipotizzava un"evoluzione della Corvette, con questa architettura (realizzata oggi con la generazione 8) rispetto a quella classica a motore anteriore, e montava un quadrirotore sperimentale da oltre 420 CV.
Lada Zhiguli e Samara - 1984
Anche in Russia il rotativo ha sollevato una certa curiosità, tanto che Lada ha prodotto una piccola serie della celebre "Zhiguli", ovvero l"amatissima e longeva versione locale della Fiat 124, dotata di un motore monorotore da circa 70 CV con interessanti soluzioni sviluppate in proprio per contrastare i problemi di usura e lubrificazione.

Si parla di circa 250 vetture, a cui seguirono altrettanti esemplari di Samara stavolta con motore a doppio rotore e 130 CV, messe a disposizione dei corpi di polizia incluso il KGB. Anche in questo caso, lo sviluppo non ha avuto seguito.