Si possono creare automobili dalla personalità molto diversa partendo da una piattaforma comune, e cercando di sfruttare al massimo le condivisioni, senza dare l’idea di un copia e incolla?
Per il gruppo Stellantis questa sarà una priorità nei prossimi mesi, avendo da gestire con un numero limitato di piattaforme una gran quantità di marchi. Vediamo subito qualche esempio su tre vetture iconiche, con una storia alle spalle e dai buoni volumi di vendita, come la Peugeot 208, la Opel Corsa e la Citroën C3. Con uno breve sguardo al futuro, pensando ai marchi italiani.
Identità di marca
I maestri in questo settore sono stati in qualche modo i designer Volkswagen, che hanno saputo condividere esperienze con tanti marchi dalle caratteristiche estremamente diverse, da Skoda e Seat a Bugatti e Bentley, riuscendo sicuramente molto bene nell’intento di mantenere intatta l’identità di marca.
In terra francese, l’acquisto di Citroën (e anche di Talbot-Simca, oggi non più esistente) ha aperto la via a tanti esperimenti di condivisione, che si sono rivelati spesso dei veri e propri passaggi di carrozzeria, soprattutto tra le piccole: pensiamo a Peugeot 104 coupé, Citroën LN e Talbot Samba, oppure Peugeot 106 e Citroën Saxo, e di recente Peugeot 108 e Citroën C1.
Anche i veicoli commerciali e le multispazio, guarda caso condivise proprio con il gruppo Fiat all'epoca di Fiat Ulysse e Lancia Z/Phedra, si sono spesso differenziati stilisticamente solo per la mascherina, gli stemmi e le finiture interne.
Oggi però la situazione è diversa, perché ogni marchio ha proprie filosofie e strategie di vendita, per arrivare a una clientela specifica raccontando una storia. Le tecniche costruttive sono diverse, i pianali possono essere adattati, e la produzione consente una maggiore versatilità.
In più, l'acquisto da parte di Peugeot di Opel poteva creare forti problemi di identità: Opel è un marchio tedesco, che per tanti anni ha gravitato in un grande gruppo americano come General Motors, con un’immagine ben specifica e ben poco alla francese. Sicuramente una bella sfida per i designer europei, che per 208, Corsa e C3 hanno creato tre linguaggi differenti.
Peugeot 208, erede della 205
Partiamo dalla compatta di casa Peugeot, la nuova 208. Già il riferimento stilistico del modello precedente era un omaggio alle vetture del passato, dalla linea compatta e aerodinamica: la prima 208 era più vicina alla 206 che alla 207, impostata come una spaziosa auto da famiglia.
L’ultima 208, invece, nasce sulla piattaforma CMP (Common Modular Platform) con motore e trazione anteriori, che presenta alcuni vantaggi, come la possibilità di essere configurabile già interamente elettrica: una scelta diversa rispetto, per esempio, a Renault con Clio e Zoe.
Nella 208, la possibilità di avere più fonti di alimentazione è stato un problema architettonico, affrontato da Gilles Vidal e dal suo team: si è optato per una forma dinamica, con una vettura corta e bassa, e il parabrezza un poco arretrato, ampio e lungo: un omaggio insomma alle proporzioni dell’iconica Peugeot 205 GTI degli anni ’80.
La GTI viene ricordata anche per alcuni dettagli, che non sfuggiranno agli appassionati: la particolare forma del finestrino e del montante posteriore con angoli arrotondati, il passaruota rivestito e ampio per far sembrare le ruote ancora più grandi e all’estremità, ma anche la fascia nera che raccorda le luci posteriori, con la targa in basso.
Accanto a questi, ecco i nuovi linguaggi formali Peugeot: le luci LED ad artiglio di leone, il cofano avvolgente o il lettering aggiornato. Aspettiamoci ora un frontale con il nuovo logo Peugeot, visto nella 308, e l’unificazione con la gamma più moderna sarà completata.
All’interno, c’è invece la versione più recente dell’i-Cockpit della precedente 208, con il volante piccolo e la strumentazione in alto: a cambiare è soprattutto l’elettronica, anche con la vista tridimensionale degli strumenti, ma tutto è estremamente legato al linguaggio del marchio.
Opel Corsa F, design alla tedesca
L’operazione compiuta sulla Opel Corsa da Mark Adams e dal suo team è per certi versi ancora più complicata. La precedente Corsa nasceva già insieme a un altro modello, la Grande Punto, quando Fiat era strettamente imparentata con GM: anche questa Corsa doveva nascere sulla stessa piattaforma, ma l’arrivo di Peugeot ha rivoluzionato il progetto in tempi rapidissimi.
I designer tedeschi hanno rispettato il linguaggio della Casa, conservando l’idea del dinamismo, ma con pragmaticità e semplicità di scuola tedesca, e mantenendo il pianale uguale: i dettagli sono diversi, ma l’impianto generale è lo stesso, e si nota soprattutto guardando l'area e la forma delle strette portiere posteriori.
Rispetto alla 208, la Corsa gioca meno sulle superfici concave e convesse: l’unica scalfitura nella linea di spalla, che si interrompe all’altezza dei parafanghi, è lievemente ad arco ma definita in modo semplice, così come le superfici complessive.
Il frontale, grazie alla possibilità di lavorare sulla plastica degli scudi, mantiene la mascherina orizzontale al centro, con i fari sottili alle estremità, e il cofano, sempre avvolgente come nella 208, ha qui la caratteristica “pinna” centrale di molte Opel. Attendiamoci a breve il frontale Vizor: un’opportunità in più di personalizzazione del modello.
Altro elemento che nasce dal design della Casa è il tetto sospeso, più in evidenza nelle versioni bicolore: il montante non è ampio come nel linguaggio della 205, ma è fortemente inclinato, e la forma fa sembrare che il tetto sia sollevato posteriormente, e non appoggiato alla struttura.
Dietro, invece, le luci sono orizzontali ma sottili e alle estremità, mentre sono lo scudo prominente, sempre con targa in basso, il lunotto spiovente e piccolo con spoiler, e il portellone fortemente concavo, a dare il carattere alla coda.
Compatta sportiva, sì, ma anche semplice, come all’interno: se salite su una Corsa per la prima volta non c’è l’adattamento al moderno i-Cockpit, ma vi sentite subito a casa, con una strumentazione classica e un grande volante circolare, appena schiacciato in basso.
Persino l’elettronica (che è uguale a quella di Peugeot) viene proposta in modo meno spettacolare, più tradizionale, e solo il listello decorativo che taglia in due la plancia è un forte elemento di colore. Un linguaggio molto diverso, anche se la base dell’auto è sostanzialmente la stessa.
Citroën C3, l’essenza dell’utilitaria alla francese
A voler essere precisi, la piattaforma per l'attuale Citroën C3 è ancora la PF1, quella su cui nasceva la precedente 208, mentre la CMP ha debuttato sulla DS 3 Crossback, che però è un’altro tipo di auto. La C3, realizzata sotto la guida di Alexandre Malval, era comunque una sfida per creare qualcosa di diverso nel segmento.
Nella memoria comune, la C3 aveva come riferimento la prima versione, quella di Donato Coco, con quel parabrezza fortemente arrotondato e il cofano curvo che era un po' un ricordo (ma non la copia) della 2CV.
Dopo una versione di C3 più civilizzata, si trattava di creare qualcosa che identificasse fortemente il marchio rispetto al resto del gruppo: nell’ambito delle proposte Citroën, vinse l’idea della prima C4 Cactus, che oggi è un po’ il paradigma dei nuovi modelli della Casa, comprese le recenti C4 e C5.
La C3, quindi, mantiene le forme squadrate dagli spigoli arrotondati, il cofano alto e avvolgente, il frontale con i fari su più piani (uno dei primi casi di uso dei LED per creare qualcosa di diverso dal gruppo ottico tradizionale). A lato, oltre alla semplicità della linea dei finestrini, l’attenzione va agli airbump, che si possono avere oppure no, e che rispetto alla C4 non sono più caratterizzanti, ma sostanzialmente utili.
Tante linee orizzontali, nate per migliorare la praticità d’uso, e pochi muscoli e superfici scolpite, per togliere ogni aspetto di sportività, a differenza delle altre due auto analizzate: qui prevale la simpatia della vettura, il piacere di usare l’auto, strizzando l’occhio a quegli anni ’60 e ’70 capaci di creare dei modelli di stile industriale, ancora oggi da esempio per tutti.
Anche l’interno mantiene la stessa originalità e l’orizzontalità, a cominciare dalla forma dei sedili che sembrano divani, e che ricordano i tempi delle panche uniche anteriori; l’interfaccia, poi, ha la tecnologia delle altre, ma con l’idea di semplificare l’uso della vettura, senza problemi.
Tra l’altro, le soluzioni adottate tengono molto conto di aspetti come la sostenibilità o il risparmio energetico. Una visione, insomma, ancora diversa, partendo da un segmento comune.
E la parte italiana di Stellantis?
Jean Pierre Ploué, attuale capo del design di tutto il gruppo Stellantis - e responsabile diretto per il marchio Lancia da ricrear e- avrà un bel da fare, perché nel segmento del pianale CMP dovrà inventare le future segmento B dei marchi italiani.
Tralasciando un attimo i SUV urbani, che sono un'idea recente e quindi senza troppi riferimenti, potremo vedere sulla stessa base vetture come le future Ypsilon e probabilmente anche MiTo. Quest’ultima potrebbe prendere come riferimento la versione precedente, anche se il sogno di ogni alfista è il ritorno di una Giulietta Sprint o una Gt Junior: insomma, una piccola coupé.
E poi ci sarà la prossima Fiat, un modello importante per le vendite, che potrebbe essere sostanzialmente una Centoventi, più o meno una maxi Panda, e non una più tradizionale nuova Punto.
Staremo a vedere: ci vorrà un po’ di tempo, ma il gruppo è già al lavoro. Siamo sicuri che non si tratterà di un copia e incolla: il DNA delle diverse case sarà rispettato, pur nella condivisione.