Ormai è ufficiale: a fine settembre, inizio ottobre del 2022, le azioni di Porsche verranno quotate salvo imprevisti alla Borsa di Francoforte, nonostante la volatilità sui mercati azionari di questo periodo. Effettivamente sorprende un po’ il timing, probabilmente sarebbe stato meglio aspettare tempi migliori ma, proprio come sui mercati, tutto è relativo.
E, proprio in termini relativi, non ci poteva essere momento migliore poiché sono riusciti a mettersi d’accordo le famiglie Porsche e Piech, i sindacati e lo stato della Bassa Sassonia (che ha il 20% dei diritti di voto del Gruppo Volkswagen). Una congiuntura astrale perfetta e un’occasione che non può essere sprecata, anche se i mercati non aiutano.
Tutto in famiglia
Attualmente Porsche è controllata al 100% dal Gruppo Volkswagen, a sua volta controllato dalla holding Porsche Se, cassaforte delle famiglie Porsche e Piech, che ha la maggioranza assoluta dei diritti di voto (circa il 54%). Con la quotazione in Borsa le famiglie, tramite la holding, acquisiranno il 25% più un’azione di Porsche ad un prezzo maggiorato del 7,5%, mantenendo la maggioranza assoluta dei diritti di voto.
Ingo Speich, responsabile della sostenibilità e della corporate governance di Deka Investment spiega che il modo in cui è strutturata la quotazione di Porsche “serve soprattutto a garantire che la famiglia resti l’azionista di riferimento. La famiglia vuole continuare a mantenere le redini”.

Una famiglia che, recentemente, ha contribuito alla “dipartita” di Herbert Diess, amministratore delegato dal 2018 che ha avuto un ruolo cruciale per far superare al Gruppo lo scandalo delle emissioni. Dopo la sua fuoriuscita, al timone dell’azienda è stato chiamato Oliver Blume, già amministratore delegato di Porsche. Un doppio incarico dietro al quale alcuni investitori potrebbero vedere un potenziale conflitto di interesse, specialmente in ottica di quotazione.
Secondo un sondaggio condotto da Bernestein Research a fine luglio, il 71% degli intervistati stimava un impatto negativo sull’IPO di Porsche legato al doppio ruolo di Blume. A giudicare dai risultati economici di Porsche, il cui utile operativo è salito del 22% nel primo semestre dell’anno e dalle vendite dei modelli iconici, non sembra che i consumatori siano influenzati negativamente dal recente avvicendamento ai vertici. Chissà se gli investitori la penseranno diversamente.
Altri investitori all'orizzonte
Al momento ci sono feedback molto positivi. Sembra che sia già stato misurato anche l’interesse di altri investitori e la Qatar Investment Authority (fondo sovrano del Paese del Golfo con già una quota nell’azienda) si è dichiarata intenzionata ad acquisire il 4,99% delle azioni privilegiate di Porsche, diventando così un investitore di riferimento.
Interessati anche alcuni miliardari come Dietrich Mateschitz (fondatore di Red Bull) e Bernard Arnault, Presidente di LVMH (Louis Vuitton Moet Hennessy, quarto uomo più ricco al mondo con un patrimonio che si aggira intorno ai 132 miliardi di dollari.
E proprio il nome di Arnault offre lo spunto per un’ulteriore riflessione: a valle dello sbarco in Borsa, Porsche punterà a qualificarsi come un titolo del lusso (in linea con la stessa LVMH o Richemont), così come ha fatto con successo Ferrari, oppure rimarrà nel settore automotive, massima espressione della sportività e della tecnologia Made in Germany? La scelta di quotarsi, per ora solo a Francoforte, lascia propendere per la seconda soluzione.
I dettagli della quotazione
Intanto il valore stimato della quotazione si colloca in un range tra i 60 e gli 85 miliardi di euro e, in quest’ultimo caso, si tratterebbe dell’IPO più grande mai realizzata in Germania e la maggiore in Europa dal 1999, anno della quotazione di Enel che superò i 17 miliardi di dollari. Non sono ancora stati resi noti alcuni elementi importanti, come il prezzo del collocamento, ma si tratta di un’operazione piuttosto complessa che porterà nelle casse del Gruppo Volkswagen diversi miliardi.

Soldi necessari per la transizione all’elettrico e la guida autonoma, che finanzieranno quindi gli ingenti investimenti richiesti. Anche i dipendenti riceveranno un bonus di 2.000 euro. Oliver Blume ha invece commentato così: “Crediamo che la quotazione apra un nuovo capitolo, con più indipendenza, per uno dei costruttori di auto sportive di maggior successo al mondo” e, ha aggiunto: “avremo la possibilità di continuare a sviluppare con successo la nostra strategia”. Una strategia che prevede di vendere, entro il 2030, otto auto su dieci elettriche.
Ma nel futuro di Porsche c’è anche il motorsport. Se entrasse in Formula 1 si troverebbe a gareggiare contro Ferrari, che, come già detto, potrebbe essere un avversario anche in Borsa. Del resto, Chris Bryant, analista di Bloomberg, ha segnalato che molti dei banchieri che si occuperanno del collocamento hanno in garage una 911 o una Taycan. Ma, aggiungo io, alcuni hanno anche una Ferrari. A loro l’ardua scelta.