Cinque anni dalla morte di Sergio Marchionne. Era il 25 luglio 2018 quando la notizia da Zurigo fece il giro del mondo che gli aveva tributato tanti successi professionali e di immagine. E se il valore di un uomo è dato da ciò che è e non da ciò che ha, quello di un manager è sicuramente valutabile dall’eredità che ha lasciato.

Marchionne ha salvato la Fiat, l’ha fatta diventare FCA conquistando Chrysler e, una volta scorporata la Ferrari nel 2016, ne ha fatto una società di diritto olandese con sede a Londra e quotata a Milano e New York.

Marchionne è anche l’uomo che ha deciso la fuoriuscita della più importante azienda italiana da Confindustria e non è riuscito a trovare né un vero partner per i mercati emergenti, come Cina e India, né un alleato con il quale formare un grande gruppo. Obiettivo poi portato in porto dal suo erede Mike Manley, il cui scettro è passato poi a Carlos Tavares. Questi sono i fatti. Vediamo allora che conseguenze hanno portato, se alcuni dei suoi obiettivi si sono avverati e che cosa è ancora visibile della sua azione.

La spinta all’internazionalizzazione

Questa spinta, impersonata anche dal suo profilo e dalla sua biografia, non si è affatto arrestata. La FCA è confluita in Stellantis con PSA che ha portato in dote un bilancio sano, ma soprattutto idee, progetti e un manager dal grande carisma come Carlos Tavares. Quando le condizioni di salute del manager italo-canadese stavano per precipitare, la famiglia Agnelli optò per Mike Manley alla guida di FCA e per Louis Camilleri alla Ferrari.

Fusione FCA-PSA

Carlos Tavares e Mike Manley

Le ragioni per far ricorso ad un usato sicuro" – Manley era un uomo d’azienda fin dalla fusione con Chrysler e Camilleri veniva da Philip Morris, partner commerciale storico di Maranello – oggi sono chiare.

I passi verso l'auto elettrica

Il cervello, che aveva un emisfero al Lingotto ed un altro a Auburn Hills, non aveva coltivato in casa un successore e l’unica cosa che era chiara era che ogni progetto era subordinato ad un’alleanza. Marchionne aveva messo in dubbio il futuro di un modello come la Punto per ragioni di redditività e, dopo una fase fortemente scettica, aveva cominciato a credere nell’elettrico.

Quando presentò la prima 500 elettrica disse "non compratela, ci perdiamo 14.000 euro per macchina". Ma allora gli era necessaria per scalare un altro 5% di Chrysler. Poi ha venduto Magneti-Marelli (5,8 miliardi) per fare cassa e finanziare il piano di elettrificazione.

Sergio Marchionne

Sergio Marchionne

Una mossa che, a posteriori, appare avventata. Un fornitore ben integrato all’avanguardia in molti settori, tra cui i motori elettrici e i semiconduttori, avrebbe fatto molto comodo, soprattutto perché l’elettrificazione ha accelerato. Sicuramente un gruppo come Stellantis avvera la visione di Marchionne, ma non è chiaro che cosa sarebbe successo con lui: PSA ne avrebbe accettato la leadership? In ogni caso avrebbe lasciato e Tavares avrebbe avuto campo libero? Oppure è proprio la figura di Tavares e la mancanza di una analoga in FCA ad avere reso scontata la scelta del portoghese da parte di Exor?

Sergio Marchionne

Sergio Marchionne e Mike Manley

Il rapporto con l'Italia

Le vicende successive ci confermano che Manley e Camilleri erano figure di passaggio tant’è che anche la scelta del nuovo AD di Ferrari è avvenuta dopo l’entrata a regime di Stellantis e l’interim alquanto lungo di John Elkann.

Stellantis ha portato un azionista cinese come Dongfeng al quale appoggiarsi come partner industriale e commerciale realizzando qualcosa che Marchionne non era mai riuscito a realizzare. PSA inoltre sotto la Muraglia si è già scottata ed ha azzerato tutto per ricominciare da capo. Una lezione in casa è un bene molto prezioso. E le relazioni industriali?

Sergio Marchionne

Sergio Marchionne all'apertura delle trattative a Wall Street per la quotazione in borsa di Ferrari

Nella sua famosa lettera, datata 30 settembre 2011, all’allora presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, Marchionne spiegava l’uscita di Fiat. "Fiat (…) non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato".

In quel momento Fiat spezzò il cordone “politico” con il suo paese d’origine, ma non ha mai smesso di parlare con l’Italia attraverso la voce e l’ascendente del manager teatino di nascita e “Torontian” di adozione. Intanto quelle condizioni sono diventate ancora più sfidanti e Tavares ha già detto che gli stabilimenti italiani hanno costi troppo alti.

Sergio Marchionne

Sergio Marchionne con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella 

Tavares, erede e successore

Il portoghese ha la fama di duro, ma ha i risultati sono dalla sua parte e, grazie anche al suo predecessore, non ha avuto zavorre morali da gestire: solo un enorme patrimonio industriale da far fruttare all’interno di uno scacchiere ancora più complesso e decentrato.

Alle iniziali dichiarazioni di intenti, secondo cui i 3,7 miliardi di sinergie saranno raggiunti senza chiusure di stabilimenti, per ora paiono avverarsi, non senza discussioni con i governi francese e italiano, la cui paura più grande è quella che Stellantis possa guardare ad altri lidi per produrre le proprie auto. Modelli sempre più elettrici, senza più la paura di Marchionne del doverci rimettere soldi a ogni unità venduta. Anzi.

Carlos Tavares

Per ora pare al di qua e al di là delle Alpi tutto rimarrà com'è. Anzi, l'obiettivo - almeno per il Bel Paese - è quello di arrivare a un milione di auto prodotte in Italia. Il tutto in un periodo dove i danni del Covid si fanno ancora sentire e l'Europa ha fissato il 2035 come anno cruciale per il futuro della mobilità nel Vecchio Continente.

Questa è un’eredità – e una responsabilità – di questo tempo e non certo di Sergio Marchionne il quale avrebbe avuto sicuramente visione e temperamento per affrontare un presente tanto imprevedibile quanto difficile.

Prove di rinascita

Un presente che per Stellantis si basa anche sui brand italiani, Alfa Romeo e Lancia in primi. Se il Biscione è tornato a far battere i cuori degli appassionati si deve proprio a Marchionne che con Giulia e Stelvio ha riportato la trazione posteriore e quella sportività da prima della classe che mancavano da anni. Progetti poi seguiti da Tonale, un successo di vendite, e dal piccolo SUV in arrivo nel 2024.

Alfa Romeo Tonale Veloce - Tre quarti anteriore

Alfa Romeo Tonale

Lancia Pu+Ra HPE

Lancia Pu+Ra HPE

C'è poi il caso Lancia: "Lancia ha un appeal limitato fuori dall'Italia. Dobbiamo abbandonare l'illusione che il brand Lancia ritorni a essere quello di un tempo" diceva Marchionne nel 2012. Undici anni dopo il marchio torinese si appresta invece a percorrere le strade del Rinascimento, partendo dalla nuova Ypsilon per poi arrivare alla Delta, passando per l'ammiraglia Gamma

Per l'ex numero uno di FCA il cavallo vincente era Alfa, per Tavares e i suoi Lancia ha ancora carte da giocare al tavolo dei grandi, approfittando della rivoluzione elettrica e delle sinergie che un colosso come Stellantis può mettere in campo.

Fotogallery: Sergio Marchionne, 14 anni di FCA